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Predefinito La velocità nello stacco - 07-08-2009, 12:26 PM

La velocità nello stacco



Qua sopra ho riportato i pazzeschi grafici della velocità della panca e dello squat: la “forma” delle linee rosse è simile, pur essendo i distretti muscolari differenti. Per analogia disegnai a suo tempo un equivalente per lo stacco che però non pubblicai perché non avevo elementi per affermare che fosse un comportamento rispondente alla realtà, per quanto assolutamente plausibile.

Continuando incessantemente a razzolare internet, adesso ho le informazioni per poterlo fare. Eh sì, avessi tempo e soldi mi piacerebbe pagare per iscrivermi a tutte le biblioteche virtuali di Internet per scaricare e leggere tonnellate di queste cose, invece così è tutta una ricerca e un riscoprire cose che già sono state analizzate e sminuzzate da altri… però non si può avere tutto nella vita!



Il grafico rappresenta l’andamento della velocità del bilanciere nello stacco, anche questa volta con la definizione delle varie subfasi di interesse. In ordinata è riportata la velocità del bilanciere in metri al secondo: non essendoci una componente eccentrica, la velocità del bilanciere è sempre positiva dato che questo si muove solo verso l’alto:
  • Il bilanciere si solleva da terra, il lift off , la sua velocità si incrementa per effetto della spinta iniziale. Essendo la velocità approssimativamente lineare, l’accelerazione iniziale è costante: plausibilmente è possibile affermare che nello stacco da terra l’atleta generi una specie di “impulso” in cui la forza passa da zero ad un certo valore in un tempo molto rapido, per poi rimanere costante in questa fase iniziale.
  • A circa 10cm sotto il ginocchio inizia la regione dello sticking point, dove il bilanciere rallenta: è in questa zona che le alzate falliscono e la differenza fra un principiante ed un avanzato è proprio nel riuscire a mantenere la velocità quanto più elevata in questa parte della traiettoria.
  • Superato il ginocchio la velocità si incrementa nuovamente, l’atleta assume la posizione eretta. Infine un rallentamento della velocità per terminare l’alzata.
Chiunque abbia provato uno stacco da terra con un peso di circa l’80% del proprio massimale può testimoniare che quello descritto è proprio ciò che accade durante il movimento. La comprensione dei motivi che generano lo sticking point è utile per migliorare i nostri massimali: come nello squat, pur essendoci molte idee, teorie e misurazioni, l’argomento non è del tutto chiarito.



Il passaggio al ginocchio è il momento in cui è necessario ruotare maggiormente il bacino per assumere la posizione eretta. Come per lo squat, la rotazione del bacino avviene grazie all’uso dei glutei, muscoli monoarticolari (si inseriscono sul bacino e sul femore facendo ruotarlo intorno all’anca) e dei femorali, muscoli biarticolari (si inseriscono nel bacino e nella tibia).

I femorali contraendosi estendono l’anca ma, contemporaneamente, flettono le ginocchia! La contrazione dei femorali contrasta quella dei quadricipiti che, invece, estendono le ginocchia stesse. Questo fenomeno è inevitabile ed è la famosa co-contrazione che tanto protegge i legamenti crociati anteriori in questi movimenti.

La rotazione del bacino rotazione deve avvenire in contemporanea con la rotazione delle ginocchia, usando muscoli antagonisti: quadricipiti e femorali. Queste due azioni sono compiti complessi per il sistema nervoso che deve coordinare sotto carico muscoli con funzionalità opposte.

Se al ginocchio la posizione del busto è troppo flessa in avanti, come nel disegno a destra in basso, la leva formata dalla vostra schiena è più svantaggiosa del caso in alto e glutei/femorali devono generare ancora più forza per farvi mettere in piedi. Il punto è: perchè arrivare allo sticking point in una posizione meccanicamente più svantaggiosa?


In alto, indicata con A, la sequenza di movimenti per una alzata di stacco correttamente eseguita:
  • Nella fase di lift off bilanciere, spalle e anche salgono contemporaneamente. Il movimento è, come si suol dire, knee dominant, cioè sono le ginocchia che con la loro estensione permettono di staccare il bilanciere da terra: lo stacco, a differenza dello squat, ha un angolo tibia-femore molto più aperto e questo permette un uso migliore dei quadricipiti.
  • Per muovere le anche e le spalle alla stessa velocità è però necessario utilizzare fin da subito I glutei/femorali, poiché altrimenti le ginocchia sparerebbero il bacino indietro, come nella sequenza B in cui viene anticipata l’estensione delle gambe, come indicato dalle due frecce delle velocità di dimensione differente.
  • E’ al ginocchio che avviene il passaggio fra fase knee dominant a quella hip dominant, dove sono cioè coinvolti pesantemente i fianchi per assumere la posizione eretta, ma i due assetti sono differenti e il B ben più svantaggioso, necessitando di molta più forza da parte degli erettori spinali e di tutti i muscoli coinvolti, come indicato dalla freccia circolare di spessore maggiore rispetto a quella dell’analogo caso A.



Nel caso B oltre ad assumere una posizione meccanicamente più svantaggiosa, dal ginocchio alla posizione eretta l’angolo di rotazione della schiena è maggiore rispetto al caso A.

Il motivo per cui si insiste in maniera maniacale sull’uso di questi cazzo di glutei e femorali è che sì il movimento iniziale è generato dai quadricipiti, ma se non iniziate da subito ad usare anche “il sotto” della coscia e le chiappe fallirete 25 centimetri più in alto.

Nella normale vita quotidiana difficilmente è necessario sollevare pesi tali per cui sia richiesta tutta questa coordinazione: per non fracassarsi le vertebre in fondo basta tenere la schiena compatta, premere con I quadricipiti e successivamente mettersi in piedi con un bell’1-2 chiappe-schiena. Vi invito a riprendervi mentre sollevate qualcosa di “pesante”, il che equivale al massimo a due casse d’acqua, di latte, un sacco di cemento che per legge non può essere più di 25Kg: sollevate questi oggetti dal suolo in una postura simile allo stacco sumo, che vi garantisce anche una schiena più eretta e perciò l’1-2 è ancora più facile.

Quando vi approcciate allo stacco da terra vi manca del tutto il feeling con l’uso da subito della catena cinetica posteriore, per questo la maggior difficoltà dei principianti è evitare di sparare le chiappe al cielo e anche chi ha una postura visivamente corretta molto spesso non “sente” l’uso dei glutei: la co-contrazione non avviene in maniera corretta, essendo qualcosa che si apprende con l’esercizio.

Nello squat l’uso non corretto della co-contrazione si paga fin da subito con dei crash spettacolari, ma proprio perchè lo stacco è un esercizio più sicuro e a traiettoria ridotta rispetto allo squat, è possibile assumere per anni assetti sbagliati pur sollevando pesi ragguardevoli: questo denota che cosce e schiena siano sicuramente forti e che non vi siano squilibri muscolari, ma che il problema sia nella mancata acquisizione dell’abilità a compiere un atto più complesso dal punto di vista coordinativo.

Il messaggio è: con una tecnica di merda non potrete mai sollevare tanto nello squat, ma è invece possibile nello stacco. Se perciò nello squat fin da subito l’”allievo” è costretto ad imparare una tecnica corretta, altrimenti crolla al suolo, nello stacco deve volontariamente ricercare la crescita del peso attraverso l’apprendimento della tecnica corretta fin da subito, senza farsi prendere la mano dal “pesone” che può sollevare, indipendentemente dalla forma esecutiva. Anche perchè, prima o poi una tecnica orrida impone il suo prezzo.

In conclusione, i 3 big sono degli esercizi multiarticolari in cui in varie fasi del movimento i gruppi muscolari dominanti cambiano. Il passaggio è un momento estremamente delicato perchè devono essere coordinati contemporaneamente e sotto carico muscoli la cui azione è antagonista, un compito complicato per il cervello: in questa fase del movimento si crea uno sticking point a cui corrisponde una decelerazione della velocità del bilanciere.

La zona dello sticking point è quella a più alta probabilità di fallimento dell’alzata: il bilanciere si ferma e non riparte o torna indietro. Questo è il motivo per cui l’atleta avanzato riesce ad avere una velocità più uniforme in questa fascia: gestisce meglio la transizione fra i due gruppi dominanti, coordinandoli contemporaneamente a differenza del principiante che li usa più separatamente.

Come migliorare? Semplice: provando e riprovando sotto una supervisione. Un allenatore, compagno o una telecamera: qualunque cosa ma è necessario un confronto fra la vostra esecuzione e un modello di riferimento. Se questo confronto è assente potete andare avanti per anni pensando, dato che i pesi salgono, di essere se non perfetti sicuramente accettabili: questo può non essere vero, come ho a mie spese appreso.


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