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Pure Strength Weightlifting, Powerlifting e tutto ciò che riguarda la pura forza.
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Psycho Lifter
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Lo squat sotto il parallelo ha transfer? -
08-06-2010, 04:17 PM
Lo squat sotto il parallelo ha transfer?Se nel mondo dei palestrati il Santo Graal degli esercizi è “l’esercizio che fa più massa”, nel mondo delle preparazioni sportive la Pietra Filosofale che trasforma i brocchi in atleti è “l’esercizio che ha più transfer”. Così, massa e transfer per quanto problematiche del tutto differenti condividono invece moltissimi aspetti metodologici e didattici interessanti, come deformazioni, idiosincrasie, fisse, miti. Waht’s transfer? Prima di tutto: cosa è il transfer? Probabilmente non sto utilizzando il termine corretto, ma una volta definito sta a voi associarlo al vocabolo giusto. Cosa hanno in comune le attività del disegno di apertura? Sono tutti movimenti multiarticolari che coinvolgono la catena cinetica posteriore, l’insieme di ossa e articolazioni che va dal tronco ai piedi. In ogni movimento vi è un uso contemporaneo delle articolazioni dell’anca, ginocchio e caviglia coordinate fra loro in quella che si chiama tripla estensione: le tre articolazioni estendono l’arto che controllano.
Questo è uno squat: anche in questo esercizio le tre articolazioni devono “aprirsi” quando l’atleta torna in piedi dall’accosciata. La domanda è: quanto questo esercizio può aiutare nella performance dei movimenti appena descritti? O, riformulata: quanto transfer ha lo squat negli sport? Il transfer è quindi la capacità di “trasferire abilità” da un movimento ad un altro in modo che, allenando il primo si abbia un miglioramento nel secondo. In ambito sportivo c’è la ricerca del miglior modo per ottenere questo transfer e il motivo è corretto e lecito. Immaginiamo infatti di disporre di un esercizio che “mima” in maniera più semplice un gesto atletico o una sua parte: potremmo allenare pesantemente quell’esercizio in modo da acquisire le abilità richieste nel movimento complicato. Tutta la teoria del transfer si basa sull’assunzione che allenare una serie di cose semplici e rimetterle insieme faciliti la velocità di apprendimento del gesto tecnico. Poiché in ogni movimento è richiesta una certa dose di “forza fisica”, gli esercizi “con transfer” sono solitamente con sovraccarico. Non voglio impantanarmi in teorie in cui non sono ferrato, ma il buon senso ci dice che se io devo schiacciare la palla al di là di una rete mi occorra una certa dose di forza per saltare più in alto possibile, perciò potrei allenarla in maniera specifica saltando con un sovraccarico sulle spalle. L’esercizio a destra è infatti lo squat jump ed esistono fior fiore di studi che mostrano come questo esercizio migliori l’elevazione. Lo squat jump, un quarto di squat con il salto finale, ha così transfer nella pallavolo. Allenarsi o imparare Se aveste a disposizione un solo esercizio per migliorare l’elevazione della vostra squadretta di pallavolo, fra squat completo sotto il parallelo e squat jump, cosa scegliereste? Il buon senso vi farebbe optare per il secondo ed infatti così fanno tutti i preparatori atletici. Il pubblico adesso si aspetta un bel “invece no, l’esercizio giusto è lo squat sotto il parallelo perché… tah tahhhh questo questo e quest’altro”. Invece no: come sempre, non esiste nulla di giusto o sbagliato, semplicemente esiste la comprensione chiara del contesto a cui segue una scelta a questo punto corretta per lo scopo prefisso. Il ragionamento in ambito sportivo è: “poiché io uso le articolazioni in una certa escursione angolare, potenzio la forza in quella escursione” o “poiché mi serve di saltare da quella profondità, non mi serve allenare una profondità inferiore” o anche “scelgo l’esercizio che ha transfer maggiore negli angoli che mi servono”. Chi ragiona così è preda della sindrome del transfer™®© che è questa: “mi interessa solo quello che mi serve”. Questo è proprio metodologicamente sbagliato: se l’Uomo delle caverne si fosse interessato unicamente a ciò che gli serviva, saremmo ancora al fuoco e alla ruota. Il problema di è la sua limitatezza: per sapere cosa mi serve devo conoscere più di quello che mi serve, altrimenti come faccio a capire se quello che non conosco ancora potrebbe servirmi? In ambito palestra è molto facile smontare le astruse teorie per cui non si dovrebbe fare lo squat sotto il parallelo, è semplice perché sono delle vere cazzate tipo che ci si infortuna di più, che “non serve”, che Coleman lo fa al parallelo e così via. Il punto fondamentale è che chi dice queste cose non riesce a squattare sotto il parallelo ma vorrebbe oppure è il classico sborone che fa quarti di squat al multipower con 3000Kg per compensare supposte carenze genitali. In ambito sportivo è invece veramente dura smontare la teoria “squatto solo fino a dove mi serve” Squat sotto il parallelo per gli sport A sinistra la posizione di partenza, al centro quella di passaggio per uno squat sotto il parallelo, a destra quella inferiore di uno squat jump. Abbiamo analizzato alla nausea il corretto spostamento indietro del bacino in modo da assumere il corretto assetto in discesa: l’anca deve ruotare fino da subito perché all’approssimarsi del parallelo se questo non accade lo squat diventa un movimento del tutto di quadricipiti ed è impossibile scendere nella buca. Nello squat jump questo non è richiesto perché la profondità è troppo scarsa e il carico non elevato lo consente. Provate anche a carico naturale: un quarto di squat è fattibile con la schiena praticamente eretta sparando le ginocchia in avanti. Nello squat jump l’atleta non impara a ruotare le anche, non impara pertanto ad usare la muscolatura che gestisce questa funzionalità: impara ad usare due e non tre articolazioni. In alto si nota come nello squat l’angolo di rotazione del bacino sia ben più elevato, a parità di profondità, dello squat jump. Chiaramente nello squat jump mi fermo e nello squat sotto il parallelo continuo a scendere e questo angolo aumenta in maniera ben maggiore. Questo significa che il coinvolgimento dei glutei come estensori dell’anca è del tutto maggiore nel caso dello squat rispetto allo squat jump che diventa essenzialmente un esercizio tutto di quadricipiti: senza stare a dimostrarlo perché basta provare, suvvia, la sollecitazione è tutta sui quadricipiti. Nello squat jump non vengono interessati i femorali: nella discesa la tibia flette per effetto della forza di Gravità e non perché i femorali sono usati come flessori, nella risalita l’anca è poco ruotata e i femorali non devono contrarsi per estenderla. Nei disegni in basso si nota come nello squat sotto il parallelo a parità di profondità vi sia un allungamento dei femorali rispetto alla postura a riposo, ben maggiore di quello minimo nel caso dello squat jump. Nella discesa di un full squat i femorali si allungano in eccentrica per sostenere il peso del tronco che si inclina. Questo significa che nello squat jump non c’è quella co-contrazione dei femorali che invece è presente nello squat sotto il parallelo con ovvi benefici per la stabilità e la salute delle ginocchia. Provate uno squat jump a carico naturale senza spostare indietro il bacino e poi facendolo: sentirete una pressione maggiore nel primo caso rispetto al secondo perché i due punti sopra descritti creano un effetto benefico o malefico. Con le ginocchia in avanti a schiena dritta state usando tantissimo i quadricipiti senza co-contrazione dei femorali, nell’altro caso scaricate un po’ i quadricipiti ed utilizzate la co-contrazione! Spessissimo i pallavolisti hanno problemi alle ginocchia: è il tipo di salto che fanno senza utilizzare la co-contrazione dei femorali e lo squat jump non può che peggiorare tutto questo. Sia chiara una cosa: ciò che ho scritto non è un “attacco” allo squat jump: queste polemiche le lascio volentieri ad altri, sai a me cosa me ne frega di dover dimostrare che lo squat sotto il parallelo è meglio… io lo faccio perché mi piace e ciò mi basta. Il punto è un altro: per imparare a saltare in alto è necesario saper ruotare le anche, inutile sollevarle tantissimo se poi il tronco è flesso in avanti: l’atleta a destra ha le anche più in alto dell’altro ma la mano è più in basso perché non “penetra con le anche nell’aria” come diceva il mio allenatore. L’obiezione al mio ragionamento è che se lo squat jump insegna un comportamento scorretto… basta non impararlo ed invece eseguirlo correttamente!. Giusto. Vero. Il problema è che didatticamente questo non è l’approccio migliore: lasciate all’alunno una possibilità di scelta ed opterà sempre per quella più semplice. Fra prendere 8 studiando o non studiando voi cosa scegliereste? Un buon esercizio è quello che costringe l’atleta in una sola traiettoria ottimale, senza scelta. Spostare il bacino indietro è qualcosa di poco intuitivo perché nella vita di tutti i giorni nessuno si abbassa a profondità tali da doverlo fare, pertanto nello squat jump l’atleta continuerà a ripetere questo schema motorio perché l’esercizio non lo costringe a cambiare! Il problema del transfer è perciò che si perde di vista il motivo per cui si sceglie un mezzo allenante, focalizzandosi solo sul risultato immediato: allenarsi invece di imparare. I pesi invece non devono avere trasfer, basta con questa storia che ci ha veramente rotto i coglioni! Se andate a lavorare in un albergo per una estate a turni di 14 ore al giorno con un padrone schiavista, colleghi isterici e clienti teste di cazzo, questo ha transfer sulla vostra capacità di togliervi il dito dal culo in qualunque attività della vostra vita universitaria, è garantito, porca troia. Qualsiasi “cosa difficile” ha transfer nelle “cose facili” anche se non c’è alcun punto di apparente contatto. Se fate i pesi, fate i pesi, e basta. E li fate al meglio, imparando cose difficili e non fissandovi su quanto quel grado in più o in meno possa influenzare quello che vi serve. Fate i pesi per quello che possono darvi: imparare qualcosa di motoriamente complicato. Un movimento difficile come lo squat sotto il parallelo insegna la coordinazione fra le tre articolazioni, vi forza ad usarle correttamente, vi impone di avere un certo ritmo, vi costringe a tenere una postura sotto carico per proteggere la spina, vi forza ad essere veloci per non soccombere in risalita. Lo squat sotto il parallelo vi insegna la tripla estensione e questo ha transfer in qualsiasi attività dove le tre cazzo di articolazioni sono utilizzate, anche se con lo squat non hanno niente a che vedere. “Ma io nel mio sport non arrivo mai a quella profondità!”. Bravo! Ciò significa che nel tuo sport non imparerai mai a coordinare le tre articolazioni! Impari questo solo se poni al tuo cervello qualcosa di complicato in cui non ha scelta! Impara qualcosa, invece di allenarti e basta! Non fatevi fottere dalle specificità: imparate qualcosa di utile in generale, sempre, imparatelo al meglio e poi dedicatevi alle specificità del vostro sport. Imparate a coordinare la catena cinetica posteriore, poi imparate a coordinarla quanto più veloce possibile, poi imparate a farlo nel pezzo di traiettoria che ti serve. Allora userete lo squat jump. In altre parole, nessun mezzo allenante è“meglio” o “peggio” se viene applicato correttamente per quello che può dare. “E perché lo squat e non le alzate olimpiche, che allenano anche la potenza?” Ok, state cadendo di nuovo nel tranello della specificità. La potenza… mah… potremmo parlarne per ore. Però vi posso dire questo: vi prego di credere che non lo dico per essere saccente, ma il vostro ragionamento è sbagliato. Da una parte lo squat sotto il parallelo non serve perché nel vostro sport non scendete a quella profondità, dall’altra volete usare le alzate olimpiche perché generano magicamente potenza. Ma… nella pallavolo voi sotto la rete tirate via dal suolo un bilanciere olimpico e lo schiacciate nel campo avversario? Cioè: volete la specificità e poi utilizzate un esercizio come lo strappo olimpico? Ma voi lo fate perché lo strappo “genera potenza”, una qualità che comunque serve negli sport. Ma… anche la potenza è specifica! Perché allora non schiacciare in campo avversario una palla di 5Kg? Non sarebbe ancora più specifico? Perché la palla da 5Kg no e lo strappo si? Il problema delle alzate olimpiche è sempre di tipo didattico e metodologico: perdere di vista quale sia il transfer. Lo strappo non insegna ad essere “potenti”, ma insegna a coordinare le tre articolazioni della catena cinetica. Per sollevare sopra la testa un bilanciere carico è necessario un certo tipo di velocità di coordinazione fra le tre articolazioni. Da questo deriva una potenza, ma non è la potenza che “allena”, che ha transfer, è la necessità di essere velocemente coordinati! Se perdete di vista questo siete fritti ed è per questo che si vedono squadre di pallacanestro fare sollevamenti olimpici orribili sperando in fantomatici transfer nell’elevazione. Ok, questo c’è, ma è tutto da dimostrare se sia dovuta all’esercizio in se o al fatto di aver inserito qualcosa di decente quando prima non c’era nulla… il risultato è determinato dall’aver fatto qualcosa di ottimo o di meno peggio della media? Lo squat sotto il parallelo è un compromesso ideale per imparare qualcosa di incasinato in un tempo ragionevolmente breve, a differenza delle alzate olimpiche: può essere praticato a qualsiasi velocità ma comunque insegna un movimento complicato. E’ un esercizio molto modulare senza perdere la sua difficoltà di base che insegnare l’uso contemporaneo delle tre articolazioni, fondamentalmente la coordinazione dell’anca con ginocchio e caviglia. Per questo motivo voi dovreste imparare lo strappo correttamente, perdendoci il tempo che serve e non due o tre sedute di movimenti sincopati che non servono ad una mazza. Anche per le alzate olimpiche vale la stessa cosa: basta con il transfer. Se volete impararle, imparatele per quello che sono: “pesi difficili” Perciò, non me ne frega nulla dello squat sotto il parallelo: utilizzate l’esercizio che volete. Ma che sia qualcosa che vi insegna, vi costringe ad imparare qualcosa di incasinato che può essere svolto solo in un modo. Imparate a fare bene i pesi, con dei bei carichi, secondo le “regole” dei pesi e lasciate perdere il transfer. Learning invece di workoutotete allenarvi o imparare, a voi la scelta. |
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Just say NO to Yodas !!!
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08-06-2010, 05:32 PM
bell'articolo (come al solito) ed ottimi punti di riflessione. Io pero' più invecchio e più ne vedo e temo purtroppo che ci siano delle difficoltà molto elevate nell'imparare uno schema motorio specifico, quando per anni hai settato tutto il tuo corpo in un' altra direzione. Sarò lagnoso ma porto sempre la mia esperienza con il judo. Io ho difficoltà estreme a fare dei movimenti semplicissimi che molti nelle arti marziali danno per scontati. Non importa il livello di conoscenza o di pratica; io certi movimenti prima di farli devo pensarli e ragionarci sopra, quando invece mi viene chiesto di farli d'istinto. Non sto parlando delle tecniche della sacra scuola di hokuto, ma di semplici movimenti del corpo ai quali non sono abituato e che a differenza mia, un ragazzino di 6 anni, non avendo condizionamenti precedenti, impara nel giro di una settimana. Allo stesso modo vale il contrario; mi è capitato di vedere in sala pesi gli allenamenti di alcuni dei ragazzi che fanno judo. Conoscendomi, ed avendomi visto fare squat con un po di chili sopra al bilanciere, mi hanno chiesto se potevo impostarglielo. Be ti giuro che è stata una cosa di una difficoltà pazzesca. Tutti, nessuno escluso, voleva in qualche modo riprodurre lo schema motorio di alcune tecniche che si fanno in accosciata nel judo finendo per fare quasi sempre uno squat in punta di piedi. La differenza con me che sono ora agli inizi con questa arte marziale è che io voglio impararla; è una sfida con me stesso, non per arrivare chissà a quale risultato, ma perchè è uno sport che mi piace e che mi piacerebbe saper fare a livello di sufficienza. Quindi ci metterò un infinità di tempo per imparare cose che per altri sono semplicissime, ma ce la farò. Allo stesso modo per convicere un judoka che fare pesi in un certo modo è come non farli, ce ne vuole. Devi trovare delle persone che hanno veramente voglia di imparare e che siano estremamente motivate, per portarle a fare uno squat sotto il parallelo entro certi canoni. La difficoltà nello staccarsi da determinati movimenti acquisiti in uno sport che si pratica come attività principale, diventano insormontabili se non c'è, come dici te, la volontà (non tanto la necessità) di imparare quel movimento. In palestra mi è capitato di insegnare lo squat a dei ragazzi che fanno semplicemente bodybuilding ricreativo (come lo chiamo io) ed anche ad altri che si sono voluti cimentare nel PL ma provenienti da altri sport (ci metto dentro anche te Paolo). Be, mentre per i primi è bastato far vedere il movimento, la necessità del reclutamento della catena posteriore, la posizione del bilanciere, e la direzione delle anche perchè già dalla prima seduta facessero uno squat decente, per gli altri sono sorti una marea di problemi quasi snervanti per una serie infinita di motivi, quasi tutti pero' riconducibili allo sport praticato in precedenza. Questo per dire che al di la del transfer, dando per scontata la conoscenza e le capacità di chi insegna lo squat jump nella pallavolo, quest'ultimo viene preferito allo squat completo perchè è più semplice ed immediato da far capire a chi per scelta salta come un canguro ad ogni allenamento. Insegnare uno squat completo fatto in un certo modo, a chì ha un condizionamento diverso, è faticoso e assolutamente non facile. Si dovrebbero perdere tanti allenamenti nella pratica di questa cosa impostando sessioni di pesi specifiche, dove spesso l' atleta non essendo ricettivo (leggi: se ne sbatte alla grande), vanifica ancora di più il lavoro con i pesi. Quindi come giustamente dici, o queste cose le si vuole imparere e ci si sbatte il muso contro, oppure possono risultare del tutto superflue. |
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FIPL Moderator
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08-06-2010, 07:04 PM
ciao paolo, ciao enrico porto la mia esperienza visto che lavoro nella pallavolo come preparatore quello che dice paolo è sacrosanto! la ricerca del transfert diretto porta ancora oggi la maggioranza dei preparatori a fare eseguire squat parziali (spesso molto parziali!) e/o jump squat... io sposo completamente il discorso di paolo: lo squat serve a migliorare la tripla estensione e il reclutamento motorio. quindi va fatto in un certo modo.. indipendentemente dal fatto che poi i salti non sono in accosciata completa a maggior ragione visto che la tecnica di salto non sempre è delle migliori.... e sarebbe meglio imparare a saltare invece che migliorare la forza in un gesto scorretto! ho notato anche che atleti con una scarsa tecnica nel salto hanno più difficolta nello squat rispetto a chi salta correttamente e quindi padroneggia gia meglio la tripla estensione riguardo al discorso di Enrico posso confermare, spesso è cosi... insegnare a squattare profondo ad un ragazzo che magari sono anni che salta in maniera scorretta è spesso più difficile... però facendogli capire l'importanza di fare le cose in un certo modo (vedi tutto il dscorso di Paolo) e tramite qualche accorgimento pratico di solito si riesce sempre..... ovvio deve esserci molta volonta da parte dell'atleta, questo è fuori discussione... altrimenti non si fanno i pesi e non muore nessuno |
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All the Truth Member
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09-06-2010, 12:12 AM
e da quando fai il preparatore nel volley lol |
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FIPL Moderator
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09-06-2010, 12:37 AM
2 anni... scusa ma come ti permetti di scrivere "lol" ? |
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Psycho Lifter
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09-06-2010, 01:29 AM
Quote:
Mi ha fatto tornare alla mente quando, oramai 20 anni fa cazzarola, feci per un po' il preparatore atletico di una squadra di calcio giovanile molto quotata. Io venivo dall'atletica dove c'è di sicuro la cultura del "gesto", l'uso dei piedi per spingere, la didattica degli esercizi per la corsa. Mi ritrovai con decine di ragazzini che, pur volenterosi, erano NELLA CORSA e ovviamente non nel calcio dei veri zapponi che il peggiore di quelli della mia squadra era Ben Johnson. Il punto era che... loro dovevano giocare al calcio, non essere tecnicamente corretti nella corsa. Perciò pur provando a correggere, ad inserire esercizi nuovi, a stare dietro a quelli che andavano messi più a posto tecnicamente, alla fine era un casino incredibile perchè tutti gli altri si "sfavavano". E allora... scatti avanti ed indietro. Li facevo correre e vai... Far fare lo squat jump alla fine è sicuramente più facile che uno squat sotto il parallelo: saltano tutti e tutti si aspettano che li fai saltare, il risultato è immediato. Comprendo perciò perfettamente il punto di vista e anzi per certi aspetti lo condivido in pieno: la specificità delle pippe mentali di uno sport non può essere trasferita ad un'altro perchè... l'altro non è lo sport di base e pretendere certe finezze è solo utopia quando il tempo per certe cose è limitato. Ciò che però mi fa un po' irritare (incazzare sarebbe troppo perchè in fondo non me ne può fregare di meno, sono solo pesi eh...) e che fa un po' irritare anche te da quello che ci siamo sempre detti è che un conto è dire "gli faccio fare lo squat jump perchè nel tempo che ho alla fine è la cosa più semplice" (posizione opinabile ma per molti aspetti condivisibile alla fine), un conto è dire "gli faccio fare lo squat jump perchè è l'esercizio adatto per migliorare l'elevazione" o, peggio, "gli faccio fare squat jump perchè loro usano solo quel ROM". Un conto è la necessità, un conto è la certezza di essere nel giusto e di non metterla mai in discussione. Perchè in questo secondo caso non c'è proprio evoluzione, mentre nel primo nulla vieta di inserire, dopo o prima il cazzo di squat jump che tutti si aspettano, due seriettine schie schie di squat sotto il parallelo, perdendo 10' e basta ma costantemente ad insegnare una tecnica decente, magari inventando che è un esercizio che fa il tal preparatore straniero. Quello che voglio dire è che di sicuro io non entrerei mai a gamba tesa dentro una preparazione atletica di una squadra di qualsiasi cosa, starei attento alle regole esistenti, al passato, a tutto per mantenere una continuità con la precedente gestione, ma introdurrei piano piano, molto piano, degli elementi nuovi. Pochi ma lo farei. Però, è necessario che il preparatore stesso sia cosciente che lo squat jump non è il mezzo allenante ideale. Non perchè lo dico io ma perchè lui lo pensa. Lui deve essere convinto, se vuole cambiare le cose. Molta umiltà, però anche molta determinazione. |
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All the Truth Member
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09-06-2010, 02:25 AM
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(#8)
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Just say NO to Yodas !!!
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09-06-2010, 10:20 AM
si hai ragione paolo, ma sono sicuro che qualcuno che si sbatte perchè le cose siano cosi c'è sul serio eh. Qualcuno volenteroso che pensa che lo squat jump non sia nulla rispetto ad un accosciata completa di sicuro c'è, resta sempre da vedere con chi ti relazioni alla fine. Poi ecco, considera anche che allenare uno o due atleti in sala pesi è enormemente diverso che allenare una squadra. Ci sono propio delle difficoltà oggettive diverse, oltre che dei livelli di attenzione ai minimi termini specialmente quando hai a che fare con ragazzi giovani. |
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FIPL Moderator
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09-06-2010, 02:52 PM
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(#10)
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FIPL Moderator
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09-06-2010, 03:00 PM
Quote:
si è verissimo che lavorare con 2 persone per volta sia enormemente più facile rispetto a lavorare con una squadra...!!!! infatti io preferisco dividere sempre a gruppi e quando facciamo pesi non siamo mai più di 3 o 4. altrimenti sarebbe oggettivamente impossibile fare le cose x bene. soprattutto i primi periodi paradossalmete (o forse no) però lavoro molto meglio con ragazzi giovani (o giovanissimi).. sia da un punto di vista motorio sono più facili da migliorare sia da un punto di vista caratteriale. hanno più voglia emotivazione di fare le cose per bene (escludendo solo certi elementi) mentre all'avanzare con l'età gli schemi motori errati sono spesso consolidati ed è più difficile intervenire. e anche psicologicamente uno ch per 15 anni si è allenato in un certo modo è dura farlo riflettere. e magari anche le motivazioni sono minori cosi come il tempo a disposizione per questo premo molto alla società di farmi iniziare con la preprazione dai ragazzi giovanissimi. in modo da creare corrette e solide basi. perchè dopo un certo punto come avete detto entrambi è spesso meglio non intervenire, se non minimamente...... solo che in uno sport come il volley non ci sono i fondi per fare una preparazione dalle categorie giovani... io mi ritengo gia un caso particolare |
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All the Truth Member
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09-06-2010, 04:08 PM
in che serie stai? riporto la mia esperienza con il calcio serie c2. il problema maggiore sta nell'umiltà dei soggetti che alleni e nella loro voglia di migliorarsi. a parte le difficoltà oggettive (che per un pallavolista per certi versi possono anche essere maggiori), se gli atleti sono fossilizzati su quello che hanno sempre fatto e non hanno voglia di provare cose nuove, non riuscirai mai ad impostarli come devi. mi è capitato di avere 30 atleti sotto, dai 15 ai 35 anni, quindi come potete immaginare con esperienze "leggermente" diverse ed era veramente difficile allenarli bene.. il punto è riscire a convincerli (chi dal punto di vista emozionale, chi da quello razionale) poi il lavoro diventerà ENORMEMENTE più facile |
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(#12)
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FIPL Moderator
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09-06-2010, 07:05 PM
una serie C e un' under 18 sono daccordo con quanto hai scritto... infatti cerco sempre di fare un lavoro differenziato... non tutti hanno le stesse possibilità/esigenze/motivazioni......... perchè il tempo è limitato, gli allenamenti tecnici di gioco sono spesso prioritari per il risultato e non tutti sono disponibili a fare allenamenti extra per la preparazione |
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