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Predefinito Benefici cardiovascolari e dimagrimento: anche col fitness collettivo? - 06-05-2009, 09:02 PM

Benefici cardiovascolari e dimagrimento: anche col fitness collettivo?


Leggendo diversi post in “work in progress” ho potuto constatare che alcune atlete desiderano inserire nel loro programma di allenamento (o stanno già inserendo) delle lezioni di Step, come variante del classico allenamento aerobico. A questo proposito mi sembra interessante chiarire a chi non pratica fitness collettivo o a chi lo vorrebbe praticare, quali sono i presupposti concreti che lo rendono una valida alternativa da provare per differenziare gli stimoli.


L’allenamento cardiovascolare in senso lato viene proposto da medici e media come uno strumento di prevenzione e cura per patologie quali diabete, disturbi circolatori periferici e persino malattie cardiovascolari vere e proprie.

Sulla falsariga di questa tendenza, viene generalmente suggerito un allenamento di medio-bassa intensità, a battito costante e della durata minima di 20 minuti, della durata ideale di 40- 60 minuti:una modalità di esercizio facilmente riconducibile ad una camminata di buon passo (per chi è meno esperto) o a un allenamento con cardiofrequenzimetro settato sullo steady state (per i più competenti).

Di fianco alla ricerca di benefici per la salute, si colloca l’altro obiettivo per eccellenza:la trasformazione corporea che si ottiene perdendo grasso.
Anche a questo proposito i media ci hanno bombardato, e in parte continuano a bombardarci, suggerendo come panacea del dimagrimento “ almeno mezz’oretta di corsa tre volte a settimana, ad un ritmo che consenta di parlare senza affanno”, oppure “ lunghe passeggiate con andatura sostenuta”, “ giri in bicicletta mantenendo una pedalata costante”.

Tutte queste formulette colloquiali suggeriscono l’adozione di allenamenti a battito costante, con intensità moderata, da protrarre nel tempo per un minimo di 20 minuti ed un tetto ideale di circa un’ora. Ora, ciò che spesso ci chiediamo, è se sia questa la sola e miglior modalità per avere a) benefici cardiovascolari generici b) consumo di grassi di deposito a scopo energetico. In breve, ci sono persone che credono maggiormente nel consumo di grassi attraverso l’esercizio in steady state e persone che invece sposano la causa dell’EPOC (Excess Post-exercise Oxigen Consumption): consumo in esubero di ossigeno come conseguenza dello sforzo protratto in esercizio.

Costoro si basano su studi che attestano come, attraverso delle sessioni in cui il battito esula dalla frequenza lipolitica e stabile, aumenti il consumo a riposo nelle ore successive all’allenamento, anche per 48-64 ore. Parimenti sembrerebbe anche superiore l’incremento consequenziale della generica resistenza cardiovascolare. Il contributo della scienza alimenta e rafforza questa convinzione.

Nonostante rimanga inossidabile l’opinione pubblica legata all’ infallibilità del lavoro aerobico di intensità moderata come strumento di “cura” e dimagrimento, la ricerca raccoglie prove a favore di una metodica diversa, basata su minor durata e maggior intensità.
Nel 1996 fu pubblicata sul Surgeon General’s Report – giornale specialistico per medici chirurghi- la raccomandazione che venissero effettuati almeno 30 minuti di attività moderata, per molti giorni la settimana, per mantenere una buona efficienza cardiovascolare; ma veniva anche detto, genericamente, che una maggiore durata dell’esercizio o una maggiore intensità avrebbero dato maggiori benefici.

L’assenza di più specifiche indicazioni ha funto da stimolo per la conduzione di molte altre ricerche, tra cui alcune per determinare se le variazioni di intensità potessero condizionare positivamente sia la capacità aerobica stessa che il battito e la pressione a riposo.

Nella ricerca condotta da Gormley et altri ( Effect of intensity of aerobic training on VO2max,2008) è emerso chiaramente che “a volume di allenamento controllato, intensità di esercizio più elevate sono più efficaci per migliorare il VO2max che basse intensità, in adulti giovani ed in salute; in particolare, l’interval training prossimo all’intensità massimale risulta essere la pratica più efficace”.
Vediamo cosa significa tutto ciò e a cosa può servirci capirlo.

Innanzitutto cos’è il VO2max? Si tratta del massimo volume d'ossigeno che l'atleta può consumare e si esprime in ml/min/kg. Si suol dire che tale capacità di consumo è un indicatore della "cilindrata aerobica" dello sportivo, ovvero più elevato è questo valore e più la produzione d'energia legata a sforzi che richiedono ossigeno è copiosa.

Per renderci conto della differenza tra ipotetici estremi, teniamo presente che i sedentari dispongono di un VO2max da 40 a 50 ml/min/kg mentre atleti di alto livello dispongono di un VO2max che può raggiungere gli 85 ml/min/kg. Il VO2max aumenta con l'allenamento, più il carico di lavoro in durata è importante e più quest'ultimo aumenta; tuttavia, i principianti possono progredire con sedute poco intense , gli sportivi abituali (immaginiamo soggetti che si allenino tra 4 e 6 volte a settimana da alcuni anni) devono adattare in modo molto più specifico il loro allenamento per potenziare il loro “motore”: per loro occorre ovviamente effettuare sforzi la cui intensità richiederà un consumo di O2 vicino al massimo.

Nella ricerca di Gourmley et al. è emerso come, in generale, e quindi non solo per sportivi abituali, questa modalità di allenamento fornisca risultati persino 2 volte superiori rispetto all’allenamento di bassa intensità.

Lungo una sperimentazione di 6 settimane, 55 soggetti sono stati testati e divisi in 3 gruppi di lavoro su stationary bike:
1. Intensità bassa
2. Medio alta
3. Submassimale.

Mentre i soggetti dediti all’esercizio di intensità moderata venivano fatti esercitare per 60’ 4 volte a settimana e quelli di intensità medio alta per 40’ 4 volte a settimana, quelli dediti ad intensità sub massimale si esercitavano per totali 30’ 3 volte a settimana. Di questi 30’, 5 erano al 75% V˙O2R., mentre seguivano 5 intervalli alternati tra 5’ al 95% V˙O2R e 5’ al 50% V˙O2R.

I risultati mostrano un incremento del 20,6% VO2max nel terzo gruppo e solo del 14.3% e 10.0% rispettivi nel secondo e nel primo, per valori dell’ordine decrescente di 7.2, 4.8, e 3.4 ml/min/kg.
Quindi, senza dubbio è risultato più efficace per il miglioramento del VO2max allenarsi di meno e più intensamente- solo 30’ per 3 volte a settimana.

Sulla falsariga di questo, ed altri studi analoghi a questo, da tempo ormai sono state modificate le metodiche di allenamento anche in sala fitness, per le lezioni a base musicale.
Le lezioni di tonificazione - tutte le innumerevoli varianti della voce TOTAL BODY, per capirci- ed anche quelle di coreografia, STEP e AEROBICA, hanno provveduto ad innalzare i parametri di intensità e a ridurre a volumi minori di lavoro la parte più densa della lezione stessa: 40’ tra riscaldamento e condizionamento cardiovascolare, poi qualche minuto di ritorno alla calma e stretching, per un risultato più efficace.

Come possiamo immaginare, all’interno di una lezione di fitness musicale, un’ organizzazione logica che rispetti il più possibile parametri scientifici a noi ormai noti?
Pensiamo alla lezione di tonificazione per prima.

Se 30’ sono il tempo cui far corrispondere il volume produttivo di lavoro, 6 sono gli intervalli da 5’ con cui gestire la sessione. Premettendo che per un insegnante è impossibile monitorare la frequenza cardiaca dell’intera classe, è invece possibile scegliere dei moduli di lavoro che abbiano indubbiamente caratteristiche più o meno sovraccaricanti. Nel gruppo delle modalità più cardiovascolarmente sovraccaricanti possiamo includere ad esempio: esercizi di pliometria (squat, push up), esercizi composti con modifiche dell’ortostatismo (squat-jump alternati a push up), sequenze dinamiche con cambi di ritmo ( shuffle laterali), sequenze dinamiche ad alto impatto (skip sul posto, balzi laterali), alternanza di esercizi multiarticolari per parte superiore e inferiore del corpo (distensioni con bilanciere e affondi con avanzamento).

Nel gruppo delle modalità meno sovraccaricanti possiamo fare riferimento a 2 prototipi di lavoro sugli altri: sequenze dinamiche di basso impatto e di modesto impegno spaziale ( basic step alternato a knee up, con step o senza) ed esercizi monoarticolari con sovraccarichi bassi (alzate laterali con pesetti leggeri).
A questo punto non sarà difficile alternare combinazioni del primo gruppo con combinazioni del secondo per intervalli di 5 minuti.

Nelle lezioni coreografiche la situazione è in un certo senso meno monitorabile perché l’elemento ludico- creativo deve mantenere alta la qualità emozionale della sessione di allenamento: per questo diventa complesso selezionare elementi motori che per ben 5 minuti siano tutti o poco o molto intensi, perché comporterebbero monotonia. Ma, per una sorta di “involontaria alternanza”, è facile che l’istruttore dedichi 4-7 minuti allo sviluppo didattico di ogni struttura coreografica e che, se in quell’intervallo l’intensità risulta inferiore, questa poi quasi raddoppi quando si tolgono i vari jolly – pattern motori di recupero, come la marcia sul posto- e si ripete “N volte” il prodotto finito appena ottenuto. Come dire che, seppur con margini meno controllati, l’interval si compie eccome.

Per chi non ha mai fatto una lezione di coreografia nella sua vita, l’obiettivo coordinativo dell’insegnante è quello di prendere un pattern motorio di base, tipo “doppio passo laterale” e trasformarlo in un prodotto finito più evoluto artisticamente ed atleticamente, tipo “doppio shuffle simile alla pallacanestro” o “balzo laterale e piroetta come nella danza.”
Ciò avviene attraverso un certo numero di passaggi logici e didattici che non hanno nulla da invidiare alla preatletica e che, oltre ad essere muscolarmente molto impegnativi, lo sono motoriamente. Da cui, l’avversità istintiva che molti uomini possiedono nei riguardi delle lezioni di fitness collettivo, dai più denominate “i balletti”, e da tutti, invece, rispettate e riammesse nell’olimpo delle attività allenanti…. una volta provate!

Bene, la grande verità che deve emergere da tutto ciò, sta nel constatare che le lezioni di fitness collettivo, genericamente dette “di aerobica”, sono in realtà degli interval involontari e pertanto assolutamente non aerobiche, ma ugualmente efficaci sia per migliorare la condizione generale dello stato di salute che per contribuire al dimagrimento.
È proprio la loro “involontaria” o volontaria- nel caso di vere e proprie programmazioni ad interval delle lezioni- strutturalità che le renderebbe ottimi strumenti di cui avvalersi, migliorando oltretutto la coordinazione e di conseguenza la risposta performativa su ciascun piano dell’esercizio.

Per cui, se qualcuna o qualcuno di voi si chiedeva se fosse o meno idoneo inserirle come cardio sessions nel proprio programma, spero che ora non ci siano dubbi...


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manakei manakei Non in Linea
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Predefinito 06-05-2009, 11:09 PM


Come mai non scrivi più spesso ?
Bell'articolo da stickare!
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Vecchio
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Catwoman Catwoman Non in Linea
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Ciao MAnakei!!!
Hai ragione, sono una carognetta fannullona
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