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Predefinito Anatomia di una ripetizione – perchè tutti fanno 3x6? - 25-07-2008, 05:25 PM

Anatomia di una ripetizione – perchè tutti fanno 3x6?


L'unità di misura del lavoro che facciamo è la ripetizione, un percorso chiuso che facciamo compiere al bilanciere (o a quello che volete). Eseguiamo le ripetizioni a gruppi, intervallando questi gruppi con più o meno riposo. Chiamiamo questi gruppi “serie”.

Le ripetizioni e le serie sono i mezzi su cui noi riversiamo la nostra aspettativa massima: essere più forti e più grossi. Diamo per scontato tante cose quando eseguiamo serie e ripetizioni.

Tanto per dire, è scontato che... si debbano eseguire. Cioè: perchè facciamo movimenti ciclici? Non sarebbe meglio schiodare il bilanciere dagli appoggi e piazzarsi fermi a metà corsa per, che so... 5, 10”? Chiamo tutto questo “ripetizione” e sono a posto. Invece alla fine non funziona così, se non per il breve periodo che qualcuno disseppellisce questa idea dal Cimitero dei Metodi Che Non Funzionano, per poi abbatterla a fucilate in testa come con gli zombie

Una interessante discussione su BW sul metodo di Bompa per l'ipertrofia mi ha colpito e mi ha fatto venire in mente una serie di idee in una seduta nella Sala della Concentrazione (il gabinetto, luogo inviolabile da moglie e figlia durante i sacri riti sul Trono del Pensiero).

Ho riletto un po' di autori importanti. Bompa e Zatsiorsky affermano che per l'ipertrofia è necessario portare ogni serie a cedimento, però poi affermano che c'è un volume di allenamento ottimale e di solito lo piazzano in un certo numero di serie. Poliquin si affida al volume per l'ipertrofia, Tsatsouline al buffer, e così via.

Quando leggo questa roba rimango affascinato dalla precisione degli autori in certi argomenti, e al contempo leggo una serie di contraddizioni (apparenti o meno) per quanto riguarda l'ipertrofia. Non mi soddisfano, oggi come molti anni fa.

Il punto è: ogni serie alla morte, ok. Allora perchè non UNA serie? Perchè poi consigliano sempre serie di 6-8 ripetizioni per l'ipertrofia? Perchè è ottimale un certo lavoro ma quando viene quantificato è un generico 2-4 serie di 4-8 ripetizioni? Perchè l'intervallo ipertrofico è sempre posto all'80% ma anche il 60% 70% va bene?

Infine, perchè il 90% delle persone che ottiene in palestra pur non sapendo niente di Bompa, Zatsiorsky e teorie dell'allenamento, bene o male si allena allo stesso modo: 2-4 volte a settimana, 2-3 esercizi “tosti” a seduta, 2-4 serie per 4-8 ripetizioni, 1-3 minuti di recupero e qualche complementare?

Non so se vi ricordate di quando venne fuori il TUT, il tempo sotto tensione (TUT – Time Under Tension) e Poliquin affermava che una serie sarebbe dovuta durare 40”-60” per fornire uno stimolo adeguato. Erano numeri assurdi, infatti poi introdusse il TUT per seduta e non per serie.

Ad una lezione all'università particolarmente lassativa, mi venne in mente che non fosse il TUT la variabile relazionata allo stimolo allenante, ma fosse il carico usato e il tempo della serie. Feci anche un po' di integrali tanto per fare scena. Mi sembrava una idea così geniale da essere sicuramente errata: un coglione qualsiasi che tira fuori qualcosa di interessante.

Due anni fa ho trovato un articolo su T-Nation dove si faceva riferimento all'integrale forza-tempo per definire lo stimolo. Perciò, devo dire che proprio fesso non sono. Vi espongo la mia teoria, non supportata da “studi scientifici”, ma che mi sembra coerente con l'esperienza pratica. Se vi fidate dei grafici della supercompensazione dove non viene detto cosa c'è in ascissa e ordinata... potete digerire anche questa roba :-)

Per leggere questa roba potete fare in due modi: saltare alla conclusione senza le pallosissime considerazioni psicotiche nel mezzo o leggere tutto. Nel primo caso dovete fidarvi della bontà di quello che ho scritto e prendere i risultati per buoni, nel secondo caso potrete mettere sotto stress il modello ma dovrete un minimo studiarlo, e non è roba che rilassa. A voi la scelta!

Ecco perciò perchè tutti fanno 2-4 serie di 4-8 ripetizioni

La pietra filosofale dell'Ipertrofia

Sarebbe bello conoscere la formula per tramutare il piombo in oro, come sarebbe bello comprendere i meccanismi dell'ipertrofia. Ma... signore e signori, la triste verità è che, ancora oggi, nessuno è in grado di dare risposte certe.

Lo dico perchè mi trovo a discutere spesso di questa roba con persone che hanno una sicurezza così assoluta in quello che dicono da rasentare la Fede, e da lasciarmi stupefatto. Anzi, dirò di più, mi sento spesso un deficiente, dato che ho ancora tantissimi dubbi e perplessità e questi tizi sono stra-sicuri. Individui che vedono l'ipertrofia, la crescita muscolare, come un processo assolutamente meccanico, prevedibile: fai così, otterrai questo perchè accade sicuramente questa cosa.

Regolarmente mi informo su quello che dicono, regolarmente non mi convincono.

C'è chi ad esempio si fissa sul ruolo dell'acido lattico che farebbe salire il livello di GH e dell'IGF-1 (GH e IGF-1... che roba sono?), altri invece che considerano le ripetizioni eccentriche come mezzo principale per produrre i microtraumi responsabili dell'attivazione delle cellule satelliti (cellule satelliti... esistono?) e della conseguente crescita.

Tutte queste belle cose sono vere, non le metto in discussione, ma alla fine costituiscono una parte di uno scenario ben più complesso. Ammettiamo infatti che una di queste teorie fosse determinante al 100% per la crescita muscolare (ma anche all'80% sarebbe già grasso che cola). Di conseguenza sarebbe possibile trarre delle indicazioni certe su come allenarsi per ottenerla, questa benedetta ipertrofia!

Se il lattato fosse importante, allora allenamenti dove ne produco parecchio dovrebbero far ottenere più massa muscolare rispetto ad allenamenti dove ne produco meno. Se l'eccentrica fosse importante, allenamenti a negative pure dovrebbero essere più produttivi rispetto ad allenamenti dove non faccio negative. Se la velocità di esecuzione fosse importante, allenamenti svolti ad una velocità (o a un set di velocità) farebbero guadagnare più massa rispetto ad altri ad altre velocità. Se il carico fosse importante, allenamenti a grandi carichi produrrebbero fisici più imponenti rispetto ad allenamenti a carichi medi o a carichi bassi.

Ma, sorry, l'esperienza ci dimostra che nessuno è mai diventato grosso a litri di lattato, come nessuno è mai diventato enorme a colpi di negative. E di sicuro nessuno è diventato gigantesco a suon di ripetizioni lentissime oppure spasmodiche. Come, spiace dirlo, risulta evidente a tutti che non basta far crescere il peso sul bilanciere per far crescere la massa.

Perciò mi raccomando, tutto quello che sentite è una visione parziale di un problema incasinato di brutto. Non aspettatevi miracoli da questo pezzo. Spero solo che riesca a fornire informazioni utili per migliorare la comprensione del tutto.

Muscoli in movimento

Una considerazione interessante è questa: per effettuare un movimento vengono utilizzati più muscoli di quanti servano in realtà. Il corpo umano è, come si dice in Scienza delle Costruzioni, iperstatico.

Ah... all'università i prof dicevano che chi non avesse inserito Scienza delle Costruzioni nel piano di studi non sarebbe mai stato un vero ingegnere. Dopo questa frase l'esame fu depennato istantaneamente con piacere quasi orgasmico.

Ma siamo OT, off topic, fuori dai topi, come si dice sui forum. Dicevamo che ci sono più muscoli di quanti ne servano per svolgere un dato movimento.

Questo porta ad una considerazione che per me è sconcertante: non è possibile prevedere a priori come si svolgerà la contrazione muscolare negli elementi coinvolti! Marò... nemmeno questo si conosce con precisione!

Potete fare questa prova su voi stessi, sulla panca piana. Caricate il 50% del vostro massimale, poi staccatelo dagli appoggi e scendete fino al petto. Fate una pausa, poi provate a mandare verso l'alto il bilanciere solo con i pettorali (dovete usare i pettorali quanto più possibile e volontariamente usare i tricipiti contraendoli quanto basta per tenere il bilanciere in posizione). Ripetete, ma questa volta usate solo i tricipiti e i deltoidi, con lo stesso procedimento.

Con un minimo di prove, vedrete che è possibile impostare una risalita dove “sentite” i pettorali o “sentite” i tricipiti. State variando la ripartizione di forza nel movimento. Il movimento dipende perciò dal carico ma anche dalla vostra testa, e non basta un modello meccanico per stabilire come i vostri muscoli si contraggano. E' necessario uno studio elettromiografico, una prova sul campo.

Questa complessità fa si che tutti gli studi di biomeccanica debbano essere attentamente valutati, questo compreso: in movimenti complessi è difficile esaurire veramente un muscolo, perchè nel momento in cui accade qualche altro muscolo prenderà il posto di quello che produce meno forza. In uno squat ad alte ripetizioni questo risulta evidente dal cambio della tecnica della persona sotto sforzo: mica fa apposta a peggiorarla, no? Semplicemente, il suo corpo cerca di compensare i muscoli affaticati con altri.

Perciò uno dei motivi della ridondanza è questo: più muscoli aventi funzioni simili per poter svolgere movimenti complessi di tutti i tipi, per più tempo possibile.

A naso, un altro dei motivi per cui ci sono più muscoli di quanto servano è che in questo modo è possibile sopperire ad eventuali rotture, infortuni, danni di vario tipo.

E' grazie alla sovrabbondanza di muscoliche io posso fare panca a livelli decenti, dopo aver perso un po' di tessuto muscolare con lo strappo che ho avuto. Ho uno strappo al capo corto del bicipite sinistro, perciò la stabilità della mia spalla dovrebbe essere compromessa. Questo non accade perchè tutti gli altri muscoli si sono fatti carico della funzionalità perduta, e la mia spalla sinistra alla fine funziona come la destra.
Questo è possibile solo se i muscoli “vicini” svolgono funzioni simili a quelli persi.


Consideriamo la panca piana (così riciclo gli omini blu che già ho) e s
upponiamo per semplicità che i muscoli coinvolti siano il pettorale, il tricipite, il deltoide. Il disegno vuole essere una rappresentazione del coinvolgimento di questi muscoli durante le varie posizioni del bilanciere in una ripetizione di panca.

Non ho dedotto le curve matematicamente perchè è appunto impossibile ma anche inutile dato che la trattazione è qualitativa e non quantitativa. Ho supposto degli andamenti plausibili: il pettorale deve generare la massima forza quando il bilanciere è al petto, il deltoide si inserisce quando il bilanciere è ad una altezza superiore alla metà dell'intervallo di escursione, e così il tricipite.

Tutto l'insieme dei muscoli viene attivato sulla base della regola: “uso il muscolo se l'angolo di utilizzo è favorevole, altrimenti passo ad un'altro”. Ogni muscolo ha un suo intervallo ottimale in cui può generare la massima forza, e in quell'intervallo viene sfruttato a pieno.

Per semplicità di trattazione d'ora in poi elimino anche tricipite e deltoide e mi concentro solo sul pettorale. Questo non inficierà le considerazioni qualitative che faremo.

Per definizione chiamiamo carico massimale quel peso tale per cui sia possibile eseguire solamente un movimento completo in un dato esercizio. In questo esempio, utilizzando un muscolo solo, il carico massimale è di conseguenza quel carico che determina il 100% della contrazione del pettorale.

In movimenti complessi il massimale sarà quel carico che farà contrarre al 100% il muscolo più debole della catena cinetica considerata, ma comunque anche in questo caso l'approssimazione introdotta in questo articolo non altera il senso di quello che verrà detto.

Mi sono rotto di “stimolare ed esaurire”

Allora, ragazzi, il punto è questo: per creare massa muscolare dobbiamo “stimolare ed esaurire un muscolo”.

E' oramai assodato che per diventare grossi è necessario caricare pesi sul bilanciere. Il mezzo principe per l'ipertrofia è il carico, che crea una tensione ai capi dei muscoli coinvolti in un movimento. Il carico è lo stimolo meccanico, e il carico deve essere tale da stimolare quanto più muscolo possibile.

Ma gli autori dicono che è necessario anche esaurire il muscolo stesso. L'esaurimento si ottiene quando la capacità di contrazione del muscolo coinvolto viene a mancare, quando non è più possibile sostenere il movimento.

Però, se risulta abbastanza chiaro il concetto di “stimolare” (più peso possibile per colpire più muscolo possibile), lo è molto meno quello di '”esaurire”. Perchè poi... nessuno, cazzarola, definisce di preciso come esaurire un muscolo!


Nel grafico in alto ho riportato l'andamento della forza che i miei pettorali devono sviluppare in una serie da 6 ripetizioni. Abbasso il bilanciere, il coinvolgimento del pettorale aumenta, poi spingo verso l'alto e la forza richiesta in chiusura è minima. Si crea il primo triangolino, e così via, triangolini per ogni ripetizione.

Il grafico centrale è la stessa serie 1x6 con carico maggiore, il grafico in basso è l'1x6 con il carico del primo grafico ma ad esecuzione rallentata.
La “fatica” che faccio deve avere una qualche correlazione con questi grafici: si capisce che la prima esecuzione sia più “facile” delle altre due, ma che queste due differiscano in termini di difficoltà.

L'esperienza ci insegna che la fatica è correlata al carico che uso ma anche al tempo che impiego a fare la serie. Se perciò suppongo di effettuare ogni ripetizione sempre nello stesso tempo, la fatica risulta correlata al carico E al numero di ripetizioni.

Mi raccomando: correlata non significa a priori che c'è una relazione causale, ma che c'è un legame più o meno forte. La fatica è correlata anche al ROM, al mio stato interno, a 1000 altri parametri. Noi ne prendiamo solamente due in considerazione, mantenendo fermi gli altri.
E la correlazione non implica una linearità, cioè non è detto che il doppio del tempo crei il doppio della fatica. La supponiamo, per semplicità: questo è uno studio qualitativo, un'idea, da cui partire per poi sviluppare.

Però, dài... è chiaro che più carico e più ripetizioni distruggano più di meno carico e meno ripetizioni, no? Perciò se non abbiamo centrato il bersaglio, non ci siamo nemmeno così lontani.


Lo stimolo è proporzionale (l'8 aperto nella formulina in basso) all
a moltiplicazione fra V – volume (numero di ripetizioni totali) e P – peso sul bilanciere.

Non entro nel merito di pallose disquisizioni su quale dovrebbe essere l'unità di misura dello stimolo (io dico che è un'energia, perchè spendo energia, joule, per muovere i pesi attraverso le reazioni elettrochimiche che avvengono nei muscoli), diciamo che questa definizione è vicina al mio vissuto da palestraro e mi soddisfa. Dato che nei grafici scriverò dei numeri, ci inventiamo una unità di misura, il vup, dalla pronuncia di VP (in Toscana la “v” si legge “vu” e non “vi”)


Il grafico è la classica statistica che permette di calcolare il carico per una serie di ripetizioni a cedimento concentrico. Ad esempio, potrò eseguire una serie di 6 ripetizioni con un carico pari all'80% del massimale, ma non potrò completare una settima ripetizione perchè non riuscirò a chiudere il movimento (porzione concentrica della ripetizione).

Queste statistiche hanno una serie di controindicazioni e devono essere considerate solamente un riferimento.


Ecco il punto delicato: calcoliamo il prodotto fra percentuale di carico e numero di ripetizioni per una singola serie, chiamo questo prodotto stimolo esterno per serie (Se/Serie) Il grafico sopra riportato mostra il risultato.. Lo stimolo è definito “esterno” perchè è quanto forniamo ai muscoli da fuori.

Come si vede, il massimo dei vup (eh eh eh) si ottiene con una serie da 10 ripetizioni. Ciò significa che lo stimolo in una serie da 10 ripetizioni al 70% del massimale è superiore a quello di una serie da 8 ripetizioni con il 75% che a sua volta è superiore a quello di una serie da 5 con l'80%
Risultato, se come dicono i grandi autori per ottenere l'ipertrofia ogni serie deve essere a cedimento concentrico, l'ideale è una serie da 10 ripetizioni. Anzi, 4x10 è meglio di 1x10..

Mmmmmm.... ma è così? Siamo convinti di questo? Ma se prendiamo per il culo quelli del 4x10...

Voglio essere veramente eretico, cosciente che arrostirò su un bel rogo di legno di quercia: io dico che questa è una empasse da cui anche molti grandi non escono, per questo poi rimangono sul vago o si affidano a prove sul campo: perchè sul campo quello che si ottiene è che 3-4 serie a 4-6 ripetizioni sono meglio di 7-8 serie a 10-12 ripetizioni. E anche io, pur non essendo nessuno, concordo con questi esperimenti, ma le spiegazioni che trovo non mi soddisfano.

Tirare fuori prove sul campo e dire “tre serie sono meglio di una perchè i dati ci dicono questo” è come ammettere che si guida la macchina senza sapere a che serve il cambio: “boh... quando il motore fa vruuuummm io sposto la leva, e funziona” (cito letteralmente mia moglie). Ok, funziona... ma perchè?

Per questo mi sono rotto di “stimolare ed esaurire”, perchè non mi basta più.

Io voglio un fottuto modello teorico che affermi sulla base di fottute considerazioni fottutamente concrete che 4x10 è fottutamente peggio di 3x6, porca *****! Un modello teorico mi permette di capire il perchè i dati dicono questo.

Rimbocchiamoci le maniche

Partiamo da questa constatazione: una serie a basse ripetizioni e alto carico è impegnativa “di testa”, una serie ad alte ripetizioni e basso carico a cedimento è impegnativa “di fiato”.

Sono tipi di fatica, di stress, differenti fra loro, che potremmo definire neurale e metabolica tanto per dargli un nome. A parità dello stesso tempo di recupero, questo tempo serve per rigenerare sistemi organici differenti.

Non voglio entrare in dettagli in cui non sono nemmeno competente, ma una fatica neurale implica la rigenerazione della capacità del cervello di produrre impulsi elettrici di un certo tipo e con un certo schema per coordinare quanti più muscoli possibili in una unica azione congiunta,mentre una fatica metabolica implica la rigenerazione dei substrati energetici consumati, l'eliminazione dell'acido lattico e delle varie scorie, il ripristino degli equilibri elettolitici.

Fatto sta che ognuno di noi percepisce la differenza fra i tipi di lavoro, e più l'impegno (di qualsiasi tipo) è elevato, più il recupero dovrà essere elevato. Ma è vero anche il viceversa: una serie a basse ripetizioni non è impegnativa di fiato, una serie ad alte ripetizioni non è impegnativa di testa.


In questo grafico ho riportato in una forma quantitativa quanto affermato nei paragrafi precedenti.

Consideriamo la riga Rec N, quella relativa al recupero neurale. Per le varie serie a cedimento concentrico riporto un ipotetico recupero in minuti. Perciò una serie da 1 ripetizione con il 100% del massimale necessiterà di 15' di recupero per poter essere effettuata nuovamente. Una serie da 2 ripetizioni al 95% richiederà 10' e così via. Notate l'andamento decrescente del recupero, dato che una serie da 10 ripetizioni avrà un impatto minimo sul sistema nervoso.

Vorrei che non vi focalizzaste sui numeri assoluti, ma sul concetto: serie molto impegnative necessitano di molto recupero, serie meno impegnative di meno recupero.

Analogamente per la riga Rec M, quella del recupero metabolico, che avrà un andamento opposto dato che risulteranno impegnative le serie ad alte ripetizioni.

Nello scrivere i numeri ho cercato di rappresentare le sensazioni che provo quando mi alleno. Posso affermare con sicurezza che una serie nell'intervallo di 4-6 ripetizioni ha un impegno sia neurale che metabolico, e le due componenti risultano equamente distribuite.

La curva Rec del recupero complessivo si ottiene scegliendo il massimo fra i due recuperi per ogni incrocio. Ovviamente, avrei potuto prendere la somma, avrei potuto scegliere altri valori, avrei potuto scegliere curve asimmetriche (cosa probabile), avrei potuto fare un sacco di altre cose. E le ho fatte. Cambiano i valori, ma non la forma della curva del recupero, che è sempre concava: esiste un recupero che minimizza entrambe le componenti.

Ho fissato a 15' il tempo della panca, e ho ottenuto il numero di serie indicato nell'ultima riga del grafico precedente, arrotondando i calcoli per non ottenere quei dati patetici tipo 1.8 serie. Perchè 15'? Semplice: mi sembra un tempo reale per un allenamento sulla panca. Il risultato non cambia nella sostanza se vario questo tempo a 10' o 30'.

Questo risultato ci dice che c'è un intervallo di ripetizioni che permette di eseguire più serie in un certo intervallo di tempo, rispetto ad altri intervalli. Meno recupero per serie , più serie nello stesso intervallo di tempo.

L'intervallo di ripetizioni che mi permette di sviluppare più serie è quello che minimizza la fatica in entrambi i sistemi organici su cui ci siamo focalizzati. In altre parole, allenarsi stressando un solo sistema permette di sviluppare meno serie in un dato tempo rispetto a minimizzare lo stress su entrambi.
Credo che questa affermazione, per quanto pomposa, sia riscontrabile nella realtà dove gli allenamenti stile culturista (cioè a cedimento) ad alte o basse ripetizioni... sono alla lunga stressanti e poco divertenti. Un 3x3 e un 1x20 sono meno divertenti e meno faticosi di un 3x8


Avendo calcolato le serie possibili nei 15' in base alle ripetizioni a cedimento per serie, è possibile calcolare lo stimolo totale. Il grafico qua sopra riporta gli schemi serie/ripetizioni/carico trovati e per ogni schema lo stimolo per singola serie (Se/serie) e totale (Se).

Come si può notare, la situazione cambia: lo stimolo totale di un allenamento in serie da 10 è inferiore rispetto a quello in serie da 6, perchè in 15' potrò eseguire solo 1x10x70% mentre posso sbizzarrirmi in un 4x6x80%.

La curva ha un picco nell'intervallo 5-7 ripetizioni (guarda caso). Questo significa che serie da 5-7 ripetizioni massimizzano il volume totale di lavoro possibile a cedimento. Salire con le ripetizioni mi permette di avere una serie più intensa come stimolo per serie, ma lo stimolo totale diminuisce perchè posso fare meno serie a causa della stanchezza metabolica. Viceversa, incrementare il carico impedisce di generare uno stimolo complessivo elevato a causa della stanchezza neurale.

Questo risultato mi piace, perchè ci trovo una logica. Vi prego di andare oltre i meri valori numerici e di focalizzarvi sul senso: abbiamo creato un semplicissimo modello che però ha un riscontro nella realtà dato che restituisce risultati in linea con l'esperienza.

Sono convinto che raffinando il tutto introducendo tutti i tipi di stress che possiamo fornire al nostro corpo, quantificandoli correttamente, si otterrebbe un risultato simile a questo: esiste un tipo di allenamento (in termini di serie, ripetizioni e carico) che minimizza lo stress globale, e questo allenamento permette di fornire lo stimolo maggiore di tutti, cioè permette di esaurire in maniera ottimale. Esaltare un tipo di stress e minimizzarne altri non porta a risultati migliori.

L'esperienza ci insegna che, attraverso milioni di prove ed errori, chi ottiene si muove in un intorno della regoletta “qualche serie a ripetizioni medio-alte con un bel carico”. Bene, questa regoletta dedotta empiricamente funziona perchè chi si allena così sceglie uno schema che fornisce l'esaurimento ottimale, equilibrando i tipi di stress.
Come dice il saggio, “i culturisti sanno da tempo quello che gli scienziati scopriranno fra molti anni”

E tutto il discorsino sui tipi di fibra?

Va bene, abbiamo capito che c'è un intervallo di ripetizioni che permette di massimizzare lo stimolo. Ma questo è uno stimolo esterno, chi ci dice che questo stimolo renda massimo anche lo stimolo interno, quello che fa bene ai nostri amati muscoletti?

Mi spiace per chi non crede che la fisiologia sia importante (e incredibilmente sono più di quanto si pensi) ma devo tirare fuori la storiella sui tipi di fibra.


Brevemente perchè l'argomento è oramai nauseante come una fantozziana fogna di Calcutta:
  • le fibre rosse o di tipo I sono quelle “di durata”, capaci di sopportare sforzi prolungati,poco ipertrofizzabili e con bassa capacità di forza per fibra
  • le fibre bianche o di tipo II sono quelle di “intensità”, capaci di sopportare sforzi brevi, molto ipertrofizzabili e con alta capacità di forza per fibra. Le fibre bianche sono quelle che piacciono a noi che amiamo sollevare parecchio.
  • Le fibre si sottodividono in tipi IIa e IIb dove le IIb sono ancora più performanti dal nostro punto di vista
Suppongo che il nostro bravo pettorale sia composto da fibre ripartite come nella torta qua sopra.

(in una presentazione aziendale per essere presi sul serio dovete infilare al massimo a pagina 4 una slide con un diagramma a torta, altrimenti non siete manageriali, ricordatevelo. Perciò dopo questa torta posso dire che sto scrivendo una relazione seria)

Mi raccomando, anche questa è una supposizione basata sulle solite tabelle che si trovano su Internet, ma spero che pensiate che sia ragionevole: uno forte nella panca ha una prevalenza di fibre II, ma quelle IIb sono una minoranza proprio perchè molto “pregiate”

Una semplice ripartizione non basta, però, devo anche ipotizzare come vengono coinvolte le fibre via via che il carico cresce.


Ragazzi, questo grafico è complicato, lo so. Leggiamo le caselle al contrario, da destra verso sinistra.
  • La riga relativa alle fibre I è sempre al 100% perchè queste sono sempre contratte in tutti gli esercizi ad un carico decente e qui il minimo è il 70% del massimale.
  • La riga relativa alle fibre IIa mostra dei valori crescenti, infatti queste fibre si attivano quando il carico diventa sempre più “elevato”. Ho supposto che inizino a contrarsi con il carico di una serie da 8 ripetizioni a cedimento.
  • La riga relativa alle fibre IIb segue lo stesso principio della tipologia precedente, ma queste fibre entrano in gioco a carichi ancora più alti.
Anche queste sono supposizioni, ma anche qui spero che ci vediate una plausibilità.

Adesso il passaggio finale: i vari tipi di fibra si contraggono in relazione alla tensione generata dal carico, e svolgono il loro volume di lavoro. Posso così ripartire lo stimolo esterno sulle singole tipologie di fibre, e calcolare lo stimolo interno, ottenendo il grafico seguente.


Ecco il risultato finale, il Grafico dei Grafici: lo stimolo interno sul pettorale per una seduta di panca da 15', in vari schemi di allenamento.

Lo stimolo interno è ripartito per tipologia di fibre. In questo modello lo stimolo è massimo in un 4x6 ma risulta elevato anche in un 4x5 e in un 3x7. Al di fuori di questo intervallo lo stimolo decade.

Il modello descrive anche una situazione che conosciamo bene: un 2x8 e un 3x4 restituiscono un valore di stimolo simile ma non sono equivalenti. Sappiamo che le sensazioni di stress che proviamo non sono le stesse, e questo perchè sono coinvolte fibre differenti, più “bianche” nel 3x4, più “rosse” nel 2x8.

Valgono le considerazioni fatte in precedenza: lo stimolo interno ha un intervallo di schemi di allenamento ottimali che lo massimizzano. Sono gli schemi che minimizzano contemporaneamente tutte le componenti di stress che forniamo al corpo.

Conclusioni

A questo punto abbiamo fatto un sacco di strada per tornare al solito punto, riuscendo a tirare fuori una regoletta che tutti conoscono in palestra.

Però stavolta c'è una differenza: esiste un modello che giustifica la pratica spicciola. E questo è sempre positivo, perchè un modello può essere stressato, criticato, confutato. Senza questo modello l'unica cosa che si può dire è “boh... non so perchè, ma funziona”.

Abbiamo ipotizzato molto, ma sono tutte ipotesi plausibili. Ogni serie è cedimento concentrico sul ROM completo, come dicono Bompa o Zatsiorsky, perciò fissato un numero di ripetizioni, si tirano fino a che non è possibile chiudere le alzate senza spotter.

Alla fine abbiamo dedotto che esiste un intervallo di ripetizioni/serie/carico ottimale che permette di massimizzare lo stimolo totale, inteso come prodotto fra carico e ripetizioni complessive. Questo intervallo esiste a causa dei differenti tipi di fatica, neurale e metabolica, e la fatica totale è ottimizzata rendendo minima la somma delle due componenti contemporaneamente piuttosto che minimizzarne una (l'altra si massimizza).

Pur essendoci un massimo, la presenza di un intervallo comunque ottimale permette di variare il tipo di fibre colpite. Se notate, l'intervallo ottimale è dato dagli schemi che hanno ripetizioni totali circa uguali: ad esempio 4x5, 4x6, 3x7.

Questo comportamento spiega molto bene la regola del continuum delle serie e delle ripetizioni di Poliquindi cui il buon Charles non fornisce una spiegazione però. Allenarsi in progressione tipo 5x4, 6x3, 8x2 fa sì che lo stimolo sia costante (e in un range “buono”) cambiando i tipi di fibre colpite.

Ma... è il buffer? E l'heavy duty? Qui sembra tutto negato.
Per l'heavy duty e tutti gli schemi a basse serie. Il fatto che questo modello affermi che un 1x10 alla morte sia peggio di un 4x6 non significa nulla: non dobbiamo fare come quelli che si fidano solo degli “studi scientifici” ma dobbiamo essere pragmatici.

Per quanto il buon Mike Mentzer mi sia simpaticissimo, vorrei vedere uno che si è allenato stile heavy duty canonico con risultati decenti. Nessuno cresce facendo UNA serie di UN esercizio. Le migliori schede in monoserie, infatti, prevedono una serie di un esercizio ma poi inseriscono più esercizi, magari in numero consistente. Capite che 1x10 di panca, 1x10 di parallele, 1x10 di lento in piedi, 1x10 di french press rappresentino uno stimolo complessivo notevole. In altre parole, le migliori schede di allenamento in monoserie sono quelle che si muovono in un intervallo di volume allenante “medio”. Sappiamo che è così, dài... ogni gruppo muscolare riceve da queste schede la sua brava dose di volume di lavoro.

Le schede che non funzionano sono quelle di coloro che si fissano nel dimostrare che possono ottenere più di tutti facendo meno di tutti. Perchè cadono proprio nell'errore di considerare lo stimolo sulla singola serie, non cumulandolo su tutta la sessione.

Per il buffer. E' possibile creare un modello dove le singole serie sono con buffer di 1 ripetizione. E' possibile, ma non ho voglia di farlo. Perchè quello che verrebbe fuori è un risultato che mostra un intervallo ottimale di schemi bufferati, non 4x6 ma magari 8x3, tagliando fuori cose tipo 25x2 o 5x5 (invento, non fissatevi, per carità!).

Anche con il buffer esisteranno schemi che massimizzano lo stimolo e altri che non lo massimizzano, e all'interno degli schemi migliori sarà possibile mostrare una ripartizione differente per tipi di fibra, anche se tutti gli schemi andranno a colpire fibre più bianche rispetto a quelli degli schemi a cedimento.

Con tutta questa massa di dati sarebbe possibile comparare lo stimolo con buffer con quello a cedimento e sarebbe sicuramente possibile trovare un punto di pareggio che rende buffer e cedimento equivalenti in termini di stimolo. Da qui tutta una serie di mirabolanti considerazioni che però già conosciamo: allenarsi a buffer permette di usare più carico, ma questo non implica necessariamente un risultato finale migliore in termini di massa.
Perchè questo? Perchè è evidente nella pratica dei fatti, e i dati sicuramente confermerebbero l'ipotesi. Infatti, sappiamo tutti che si ottiene meno allenandosi a *****, seppur con buffer rispetto ad allenarsi bene, seppur a cedimento.

Ovviamente, sarebbe possibile inserire nel modello tutte le tecniche di intensificazione. Ma anche in questo caso sono convinto che otterremmo il solito risultato: esiste un intervallo ottimale di applicazione di queste tecniche. Troppo e troppo poco non funzionano.

Sono anche convinto che esiste un intervallo di allenamenti settimanali ottimali, che secondo me è proprio 2-4. Perchè 2-4 allenamenti a settimana sono un equilibrio fra molto cedimento e molto recupero e poco cedimento (buffer) e poco recupero. Gli eccessi però non pagano.

Non mi imbarco in questo progetto perchè la spiegazione per una singola seduta a cedimento concentrico mi soddisfa. Leggo infatti il risultato così: il buon senso è una chiave di successo. Il nostro corpo funziona a buon senso, traendo vantaggi da stimoli equilibrati. Sono le nostre menti che molte volte non ce l'hanno, questo buon senso.

Infine, questa trattazione non spiega se sia meglio o peggio tenere un 4x6 per 2 mesi rispetto a variare. Non lo spiega perchè non è il suo compito.
Sappiamo tutti che è necessario variare. Perchè lo scopo del bravo culturista sarà quello di aumentare, di volta in volta, la sua forza per poter abbassare la curva dei recuperi neurali, e la sua capacità di macinare ripetizioni per abbassare la curva dei recuperi metabolici.

Così facendo sarà possibile nel tempo aumentare il carico del proprio 4x6 tramite l'innalzamento del massimale con un bel periodo di forza, e allo stesso tempo farlo passare ad un 4x7 grazie ad un periodo ad alte ripetizioni.

A questo serve variare: per poter ritornare allo schema tranquillo con tutti i parametri più alti. Parametri più alti, stimolo maggiore. Un 4x6x100Kg deve diventare nel tempo un 4x6x120Kg, per fare questo è necessario passare da schemi tipo 10x2x100Kg a schemi tipo 2x10x70Kg.
Il corpo umano risponde bene se stimolato in maniera “media”: il nostro scopo è quello di far salire il livello “medio”.


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