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Predefinito Atleti-attivisti e olimpiadi - 07-08-2008, 07:44 PM

Atleti-attivisti e olimpiadi


La vigilia dell'apertura dei Giochi olimpici di Pechino è stata segnata da un episodio che palesa la grande difficoltà del governo cinese a gestire la questione Darfur. La delegazione statunitense ha annunciato che è stato revocato il visto di ingresso nel Paese a un loro atleta, Joey Cheek, medaglia d'oro alle olimpiadi invernali di Torino e attivista per il Darfur. Il pattinatore americano è stato più volte impegnato in campagne di sensibilizzazione sul conflitto in atto nella martoriata regione del Sudan, teatro dal 2003 di una sanguinosa guerra civile che ha causato oltre 300mila morti e 2,5 milioni di sfollati. Una crisi umanitaria che insieme al Tibet rappresenta una spina nel fianco di Pechino.
La Cina è, infatti, il primo alleato del governo sudanese - ritenuto responsabile dei crimini commessi dalle milizie janjaweed - loro principale fornitore di petrolio.
Non è un caso che le organizzazioni in difesa dei diritti umani accusino i cinesi di non fare abbastanza per cercare di porre fine al conflitto. Anche la posizione assunta nei confronti dell’azione della Corte penale internazionale è orientata a difendere ad oltranza il presidente Al Bashir, per il quale il procuratore Luis Moreno-Ocampo ha chiesto l’arresto per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La Cina, in linea con Unione Africana e Lega Araba, ha messo in evidenza che tale accusa potrebbe procurare seri danni al processo di pace e, nell’ambito del rinnovo della missione UNAMID in Sudan, con altri sette paesi ha sottoscritto un documento che impegna le Nazioni Unite a valutare la sospensione dell’incriminazione per il presidente sudanese.
Bashir, dal canto suo. ha avviato una serie di iniziative per riguadagnare credito agli occhi della comunità internazionale nominando un procuratore speciale per indagare sui crimini in Darfur e visitando la regione, accompagnato da funzionari di Stati Uniti e Gran Bretagna, ai quali ha assicurato il massimo degli sforzi per la pace da parte del suo governo. Ma fonti vicine ai ribelli hanno denunciato attacchi da parte dell’esercito regolare pochi giorni dopo la sua visita. Eppure alla fine di luglio è stata confermata da ambienti governativi la notizia di piani per una conferenza sul Darfur, con una larga partecipazione dei movimenti di opposizione.
Intanto, come rileva il bollettino di aggiornamento di luglio di Crisis International Group, in questo mese sono stati compiuti attacchi contro i peacekeepers dell’UNAMID (il 9 ed il 17 luglio che hanno causato la morte di 8 militari e oltre 20 feriti).
Novità anche sul fronte politico. Il 7 luglio è stata approvata la legge che prevede nuove elezioni nel paese per il 2009, le prime “libere” dopo oltre 20 anni; il supporto delle opposizioni e dei movimenti ribelli è al momento fortemente condizionato dalle preoccupazioni circa possibili vantaggi per il NCP. Il leader del Sudan People’s Liberation Movement (SPLM), Salva Kiir ha annunciato la sua candidatura come Presidente.
La situazione umanitaria, infine, è sempre più preoccupante. Nonostante siano aumentati i campi per sfollati allestiti in Darfur e in altre aree del Sudan il sovraffollamento non riesce ad essere smaltito, elemento che con la scarsa tutela delle forze dell'ordine locali determina poca sicurezza per i civili. L’uso della violenza sessuale come arma di ricatto e umiliazione ai danni di donne e bambini è sempre più diffuso. La crisi, inoltre, si è da tempo estesa sino al Ciad, dove centinaia di migliaia di profughi sudanesi contendono di fatto le scarse risorse naturali e gli ambiti aiuti umanitari alla poverissima popolazione locale.
Allo stato attuale, almeno 4,2 milioni di persone - circa due terzi della popolazione del Darfur - subiscono direttamente le conseguenze del conflitto. Metà di essi sono bambini.
Oltre metà degli sfollati sopravvivono in 165 campi di accoglienza, mentre altri due milioni risiedono in comunità locali che prestano loro accoglienza.
Moltissime altre persone (tra cui 1,2 milioni di bambini) risultano invece tagliate fuori da ogni assistenza, isolate in aree rurali controllate dal Governo o dai ribelli, ma egualmente inaccessibili alle agenzie umanitarie.
Mentre il mondo attende i fasti della cerimonia di apertura delle Olimpiadi in Cina e si chiede se sia giusto o meno per atleti ed esponenti dei governi boicottare l’evento, in Darfur continuano a morire 75 bambini al giorno. Nelle altre olimpiadi, quella dei diritti umani e della vita, non ci sono vincitori ma solo sconfitti.

Articolo 21 Liberi di - Associazione per la libertà d'informazione


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