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jayamano BODHI builder
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Dalai Lama 10 marzo 2008 -
12-03-2008, 07:45 PM
Dalai Lama 10 marzo 2008discorso del Dalai Lama del 10 marzo 2008 In occasione del 49° anniversario della pacifica insurrezione del popolo tibetano, avvenuta a Lhasa il 10 marzo 1959, offro le mie preghiere e rendo omaggio agli uomini e alle donne del Tibet che con coraggio hanno sopportato inenarrabili privazioni e sacrificato le loro vite per la causa del popolo tibetano. Esprimo la mia solidarietà a coloro che oggi subiscono la repressione e i maltrattamenti. Saluto i tibetani dentro e fuori il Tibet, i sostenitori della nostra causa e tutti coloro che amano la giustizia. Per quasi sei decenni i tibetani dell’intera area del Tibet, conosciuta come Cholkha- Sum (l’insieme delle tre Regioni dell’U-Tsang, del Kham e dell’Amdo), sono stati costretti a vivere, a causa della repressione cinese, in uno stato di costante paura, intimidazione e sospetto. Tuttavia, oltre a conservare la fede religiosa, il senso della nazionalità e la loro peculiare cultura, i tibetani sono riusciti a mantenere viva la propria aspirazione alla libertà. Nutro grande ammirazione per queste speciali doti del mio popolo e per il suo indomabile coraggio. Ne sono estremamente soddisfatto e fiero. In tutto il mondo, numerosi governi, organizzazioni non governative e individui, interessati alla pace e alla giustizia, hanno significativamente sostenuto la causa del Tibet. In particolare, nel corso dell’ultimo anno, i governi e gli abitanti di molti paesi ci hanno manifestato il loro appoggio con gesti significativi. Desidero esprimere la mia gratitudine a tutti loro. Il problema del Tibet è molto complesso e, per la sua natura, abbraccia molti temi: la politica, la natura della società, la legge, i diritti umani, la religione, la cultura, l’identità di un popolo, l’economia e le condizioni dell’ambiente naturale. Di conseguenza, per risolvere il problema tibetano è necessario adottare un metodo di approccio onnicomprensivo, che sia di beneficio a tutte le parti in causa piuttosto che a una sola. Per questo motivo, ci siamo attenuti con fermezza ad una politica, quella della Via di Mezzo, in grado di garantire vantaggi reciproci, e per molti anni ci siamo impegnati con sincerità e costanza per conseguire questi risultati. A partire dal 2002, i miei inviati hanno intrattenuto sei tornate di colloqui con le competenti autorità della Repubblica Popolare Cinese e hanno discusso argomenti di rilevante importanza. Questi colloqui a largo spettro hanno dissipato alcuni dei loro dubbi e ci hanno dato l’opportunità di chiarire le nostre aspirazioni, ma non hanno prodotto alcun risultato concreto circa la questione fondamentale. Inoltre, nel corso di questi ultimi anni, il Tibet ha assistito ad un aumento della repressione e della brutalità. Malgrado questi incresciosi sviluppi, rimane immutata la mia posizione e la mia determinazione a portare avanti la politica dell’approccio della Via di Mezzo e a continuare il dialogo con il governo cinese. Uno dei maggiori problemi della Repubblica Popolare Cinese è la mancanza di legittimazione del suo governo in Tibet. Il governo cinese potrebbe rafforzare la sua posizione attuando una politica in grado di soddisfare il popolo tibetano e di guadagnarne la fiducia. Se saremo in grado di giungere ad un accordo basato sul reciproco consenso, allora, come ho già molte volte affermato, mi adopererò in ogni modo per ottenere il sostegno del popolo tibetano. Oggi in Tibet, in seguito ai numerosi e poco lungimiranti interventi del governo cinese, l’ambiente naturale è seriamente danneggiato. La politica cinese di trasferimento della popolazione ha fatto sì che il numero dei non tibetani sia sensibilmente aumentato mentre i tibetani autoctoni sono ridotti ad una minoranza all’interno della loro stessa nazione. Inoltre, la lingua, le usanze e le tradizioni del Tibet, espressione della vera natura e identità del popolo, stanno gradualmente scomparendo e i tibetani sono sempre più assimilati alla preponderante popolazione cinese. In Tibet, la repressione è in continuo aumento, con numerose, inimmaginabili e gravi violazioni dei diritti umani, il rifiuto della libertà di culto e la politicizzazione delle questioni religiose. Questa situazione è causata dalla mancanza di rispetto del governo cinese nei confronti del popolo tibetano, è la conseguenza degli impedimenti che il governo di Pechino, deliberatamente, pone alla base della sua politica di unificazione delle etnie, che di fatto crea discriminazioni tra tibetani e cinesi. Chiedo pertanto alla Cina di porre fine immediatamente a tale politica. Sebbene le aree abitate dai tibetani siano designate con nomi diversi, quali regione autonoma, prefettura autonoma o contea autonoma, l’autonomia è di fatto solo nominale e non reale. Queste aree sono in realtà governate da persone che non conoscono la situazione locale e sono sotto l’egida di quello che Mao Zedong chiamava “sciovinismo Han”. Di conseguenza, la cosiddetta autonomia non ha arrecato alcun beneficio tangibile alle etnie interessate. Questa politica fraudolenta, incurante della realtà, sta enormemente danneggiando non solo i due gruppi etnici, ma la stessa unità e stabilità della Cina. È importante che il governo cinese, come affermò Deng Xiaoping, “cerchi la verità dai fatti”, nel vero senso del termine. Quando, davanti alla comunità internazionale, sollevo il problema del benessere del popolo tibetano, il governo cinese mi critica duramente. Ma fino a che non troveremo una soluzione di reciproco beneficio, ho la responsabilità storica e morale di continuare a parlare liberamente a nome del mio popolo. Tuttavia, è noto a tutti che, da quando la leadership politica della diaspora tibetana è eletta direttamente dal popolo, sono in uno stato di semipensionamento. In virtù del suo grande progresso economico, la Cina sta diventando una nazione potente. Non possiamo che rallegrarcene, ma il potere acquisito offre altresì alla Cina l’opportunità di svolgere un importante ruolo sul palcoscenico globale. Il mondo sta ansiosamente aspettando di vedere in che modo l’attuale leadership cinese metterà in pratica i concetti pubblicamente espressi di “società armoniosa” e “crescita pacifica”, alla cui realizzazione il solo progresso economico non è sufficiente: sono necessari sostanziali miglioramenti nei settori del rispetto dello stato di diritto, della trasparenza, del diritto all’informazione e della libertà di parola. E poiché all’interno della Cina coesistono molte etnie, al fine di salvaguardare la stabilità del paese è necessario che ad ognuna sia garantita l’uguaglianza e la libertà di proteggere le rispettive e peculiari identità. Il 6 marzo 2008 il Presidente Hu Jintao ha dichiarato: “Stabilità e sicurezza in Tibet significano stabilità e sicurezza nel paese”. Ha aggiunto che la dirigenza cinese deve garantire il benessere dei tibetani, migliorare il proprio lavoro in relazione ai gruppi etnici e religiosi e mantenere stabilità e armonia sociale. Le parole del Presidente Hu tengono conto della situazione reale e non vediamo l’ora che ricevano applicazione. Quest’anno i cinesi aspettano con orgoglio e trepidazione l’apertura dei Giochi Olimpici. Fin dall’inizio, ho sostenuto l’idea che alla Cina fosse data l’opportunità di ospitare i Giochi. E poiché eventi di questo tipo, e in modo particolare le Olimpiadi, favoriscono il rispetto dei principi della libertà di parola, di espressione, di uguaglianza e amicizia, la Cina dovrebbe dimostrare di essere un buon paese ospitante, facendosi garante di queste libertà. Perciò, oltre a mandare a Pechino i propri atleti, la comunità internazionale dovrebbe sensibilizzare il governo cinese su questi temi. So che, in tutto il mondo, molti parlamenti, individui e organizzazioni non governative si stanno in vario modo attivando perché la Cina colga l’opportunità delle Olimpiadi per attuare cambiamenti positivi. Apprezzo la loro sincerità. E, in totale sintonia, vorrei aggiungere che sarà molto importante stare a vedere cosa accadrà nel periodo successivo alla conclusione dei Giochi. Senza dubbio, i Giochi Olimpici avranno un grande impatto sul modo di pensare del popolo cinese. La comunità internazionale dovrebbe quindi investire la propria energia collettiva nella ricerca delle modalità attraverso le quali garantire, nel modo migliore, cambiamenti positivi e continui all’interno della Cina, anche quando le Olimpiadi saranno concluse. Desidero cogliere questa occasione per esprimere il mio orgoglio e il mio apprezzamento per la sincerità, il coraggio e la determinazione dei tibetani all’interno del Tibet. Chiedo loro di continuare ad operare in modo pacifico e nell’osservanza della legge, così da assicurare a tutte le minoranze della Repubblica Popolare Cinese, compresa quella tibetana, il godimento dei loro legittimi diritti e benefici. Vorrei inoltre cogliere questa opportunità per ringraziare, in particolare, il governo e il popolo indiano per il loro continuo e incomparabile sostegno ai rifugiati tibetani ed alla causa del Tibet e per esprimere la mia gratitudine a tutti quei governi e persone che hanno costantemente a cuore la nostra causa. Con le mie preghiere per il bene di tutti gli esseri senzienti, Il Dalai Lama 10 marzo 2008 |
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All the Truth Member
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13-03-2008, 10:55 PM
Mah, se i Tibetani avessero combattuto, probabilmente avrebbero ancora il loro stato! Pensa se i palestinesi, invece di combattere avessero opposto una resistenza pacifica, come pensi che sarebbe andata a finire? La Baghavad Gita la hai mai letta? |
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jayamano BODHI builder
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13-03-2008, 11:13 PM
no, mai letta, leggo testi buddisti, i quali dicono, per esempio, " l'odio non si combatte con l'odio,ma con il non-odio " quindi tutti volti verso una pace perfino troppo passiva secondo noi occidentali, ma se perfino i Cristiani hanno nel loro Dio/uomo, l'esempio di colui che potrebbe sterminare con un solo gesto tutti i romani e gli ebrei che lo fanno crocefiggere chiamando a raccolta eserciti di angeli con spade fiammeggianti, chi siamo noi per dire che i tibetani dovevano continuare ( avevano iniziato ) a combattere? P.S ecco tre versetti della Baghavad Gita , non mi sembra un testo che inneggi alla rivoluzione 31. "Né, o Krishna, percepisco alcun effetto salutare nell'uccidere i miei parenti in battaglia. Io non desidero né il trionfo né il regno, e neppure i piaceri dei sensi. 32 - 34. "A che ci serve il dominio, a che ci serve la felicità o perfino continuare a vivere, o Govinda? Gli stessi cari per amore dei quali desideriamo l'impero, la gioia e il piacere, sono qui schierati in battaglia, pronti ad abbandonare vita e ricchezze: precettori, padri, figli, nonni, zii, suoceri, nipoti, cognati e altri parenti. 35. "O Madhusudana, anche se questi guerrieri dovessero uccidermi, io non potrei mai desiderare di ucciderli, neanche se facendolo ottenessi il dominio sui tre mondi. E quanto meno potrei farlo per amore della terra! |
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All the Truth Member
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14-03-2008, 10:19 PM
Dio, la Persona Suprema, disse: Sebbene tu dica sagge parole, ti affliggi per ciò che non è degno di afflizione. I saggi non si lamentano né per i vivi né per i morti. ... O figlio di Kunti, la comparsa non permanente della gioia e del dolore, e la loro scomparsa nel corso de tempo, sono simili all'alternarsi dell'inverno e dell'estate. Gioia e dolore sono dovuti alla percezione dei sensi, o discendente di Bharata, e si deve imparare a tollerarli senza esserne disturbati. ... Il corpo materiale dell'indistruttibile, incommensurabile ed eterno essere vivente è certamente destinato alla distruzione, perciò combatti, o discendente di Bharata. ... La morte è certa per chi nasce e la nascita è certa per chi muore. Poiché devi compiere il tuo dovere, non dovresti lamentarti così. ... Considerando il tuo dovere di ksatriya dovresti sapere che non esiste è per te impegno migliore che combattere secondo i princìpi della religione; non hai quindi ragione di esitare. ... O Partha, felici sono gli ksatriya cui l'opportunità di combattere si presenta naturalmente perché si aprono per loro le porte dei pianeti celesti. ... Se invece rifiuti il tuo dovere religioso che consiste nel combattere certamente peccherai per aver mancato al tuo dovere e perderai così la tua fama di guerriero. Ksatriya è il guerriero, segue la via del Karmayoga, cioè dell'azione per ottenere la liberazione. Per religione, si intendono le leggi eterne ed immutate... Spero ti averti fatto comprendere il tutto un po meglio... Capitolo 2 Baghavad Gita Hare Krishna Italia - Libri da leggere on line: La Bhagavad-gita così com'è - 2° Capitolo |
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jayamano BODHI builder
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14-03-2008, 10:24 PM
grazie , come vedi la ho solo aperta un attimo ieri sera e mi sono imbattuto in parole di pace, mentre tu mi posti qui altri versetti come questo "Considerando il tuo dovere di ksatriya dovresti sapere che non esiste è per te impegno migliore che combattere secondo i princìpi della religione; non hai quindi ragione di esitare. " che spingono a combattere per la religione ,io comunque preferisco il buddismo e la pace in nome di una religione , e 'd'altra parte, io sono buddista, non induista, e dagli insegnanti di Dharma mai sentirai pronunciare parole a favore di una qualsiasi violenza |
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All the Truth Member
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14-03-2008, 10:37 PM
Comunque in un certo senso io sono tuo padre |
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jayamano BODHI builder
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14-03-2008, 11:07 PM
tornando al titolo del tread brutte notizie oggi dal Tibet, morti , feriti e repressione armata . Che la luce del Buddha illumini le menti di tutti e le pacifichi . |
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