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Psycho Lifter
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DCSS Training – Voglio le braccia grosse -
21-06-2010, 04:57 PM
DCSS Training – Voglio le braccia grosseEcco un titolo che farà impennare le statistiche di accesso, lettura, download, cliccaggi di qualsiasi server che ospiterà questo strano articolo: il cervello del palestrato medio ha uno scanner linguistico che nemmeno l’Echelon della CIA è così selettivo e veloce! “Braccia” e “grosse” sono due parole che accendono una luce nella Matrice, un faro che guida o, se volete, una nenia ipnotica come quella del Pifferaio Magico. In tutto questo tempo non ho mai parlato dell’articolazione del gomito e dei muscoli che la muovono: il gomito di fatto non è interessante per i pesi dato che è una articolazione definita non weight-bearing, non adatta a sostenere carichi. Siamo noi, nelle nostre follie collettive, che la comprimiamo o la tendiamo con centinaia di Kg ma in realtà il gomito è progettato per fare da supporto alla mano per farci prendere e manipolare oggetti. Questo non vuole essere un articolo sull’anatomia funzionale del gomito, ma solo due righe per dare la percezione della complessità di questa articolazione, del sincronismo fra i suoi “pezzi” necessario per farla funzionare che si mantiene anche quando la sottoponiamo a sforzi terribili. Non verrà trattata minimamente l’articolazione del polso e quelle della mano, immensamente complesse e delicate ma che, fortunatamente, non hanno un ruolo attivo quando facciamo i pesi. Ciò che ci interessa è tenere i pesi in mano perché possano fare il loro lavoro sul resto del corpo, suvvia, e infiammazioni, traumi, problemi, trucchi e dritte non riguardano di certo la mano. E’ paradossale ma un programmatore che passa 10 ore al PC deve conoscere più anatomia della mano di un bruto che solleva bilancieri. Attenzione però a non fare confusione: nel power-bodybuilding la presa è fondamentale ma le dita e la mano vengono utilizzate sempre e solo in un modo, mentre chi fa arti marziali, crossfit, allenamenti funzionali o un semplice tyre flip deve preservare i muscoli che fanno muovere le dita perché in queste attività è possibile creare i presupposti per delle belle tendiniti dato che la mano ha un ruolo attivo nella velocità e nella forza della presa che deve avvenire in condizioni estremamente più varie rispetto ad uno stacco da terra. Come è fatto il gomito Nel disegno un’idea approssimata di ciò di cui parleremo: il gomito permette la rotazione di radio e ulna intorno all’omero, cioè la flesso-estensione dell’avambraccio sul braccio. Tutti noi sappiamo, basta toccarle, che l’avambraccio è composto da due ossa, ma come regoletta pratica dovete ricordare che il radio è l’osso dal lato del pollice, l’ulna è invece quello dalla parte del mignolo. Il complesso radio-ulna si articola sull’omero grazie al gomito tramite una serie di punti di contatto fra loro complementari: il disegno non rende giustizia, ma la testa dell’ulna è formata da una serie di superfici concave e convesse che ruotano scorrendo sopra le controparti dell’omero, analogamente il radio e tutti i “pezzi” di questa, come sempre, incredibile struttura. Ai lati dell’omero è possibile notare i due epicondili, che costituiscono i punti di aggancio di muscoli e legamenti e sono a noi noti per le infiammazioni tipiche di chi fa i pesi: quando fa male il “nocciolino” interno al gomito ci siamo beccati una bella epicondilite dolorosa e fastidiosa. Un modo veramente intelligente di distruggersi i gomiti è fare la garetta di braccio di ferro fra amici, magari perché c’è la tipa su cui volete fare colpo, nevvero? Il tizio del Grande Fratello si è disintegrato l’omero con una bella frattura a spirale, ma in letteratura esistono anche delle fratture degli epicondili mediali a causa della pressione del gomito sulla superficie del piano su cui date sfogo alle vostre testosteroniche energie. Non sono molti i casi perché, probabilmente, non piace fare le figure di merda al pronto soccorso… Avvicinando il braccio all’avambraccio e facendo entrare a contatto le estremità abbiamo creato un bel gomito. A sinistra le tre articolazioni che si vengono a formare:
Notate come la troclea e il processo coronoideo siano complementari in modo che, quando l’ulna ruota intorno al gomito il processo coronoideo “scorra” sulla troclea. Analogamente, la testa del radio ruota sul capitello. Entrambe queste superfici sono ricoperte da cartilagine che rende l’attrito minimo. Il gomito è avvolto e tenuto insieme da una fittissima rete di legamenti, che non analizzeremo: se poteste sezionare un gomito notereste come i legamenti costituiscano una capsula fibrosa che avvolge tutte le tre articolazioni creando una struttura di contenimento passiva estremamente robusta, tanto che l’articolazione è stabile anche senza il supporto muscolare. I pezzi del gomito rimangono insieme a differenza della scapola che non ha legamenti che la tengono appiccicata al torace o della spina dove i legamenti tengono vicine le vertebre ma non possono mantenere la forma dell’intera struttura. Nei disegni una estensione del gomito. Adesso attenti a non fare casino: per avere i disegni simili la rotazione è sempre antioraria, ciò significa che in alto ho disegnato un gomito destro a mano supina visto dall’interno, medialmente, in basso un gomito sinistro a mano supina visto dall’esterno, lateralmente. Sembrano scioglilingua, ma vi prego di prendere un po’ la mano con questo linguaggio, non tanto per leggere questa roba quanto nel caso vi interessaste autonomamente: se scambiate destra con sinistra o non avete idea di come sia piazzata la mano potreste capire esattamente il contrario di cosa state leggendo. Notate come la rotazione del gomito sia possibile grazie alla congruenza delle forme articolari, cioè al fatto che le superfici di contatto siano complementari e se sull’omero la troclea è concava, sull’ulna è convessa e viceversa. La testa del radio è una specie di cilindro che è sempre a contatto con la superficie cilindrica del capitello, perciò la superficie di contatto è inferiore a quella fra omero e ulna: è infatti l’ulna che ha il principale compito di sorreggere i carichi tenuti dalla mano, mentre come vedremo è il radio che ha il compito di farla ruotare. Mentre l’avambraccio ruota sul braccio l’olecrano, la punta ossea del gomito che tutti possiamo sentire penetra nella cavità olecranica fino a che il contatto non è completo: a questo punto il gomito non può più ruotare indietro e la cavità olecranica costituisce di fatto la “battuta d’arresto” dell’ulna. Chi può iperestendere l’avambraccio o ha un olecrano più piccolo della media o una cavità olecranica più profonda della media. Quando il gomito è alla massima estensione sotto carico, ad esempio nelle posizioni iniziali e finali di panca e parallele, il carico che grava sulla mano è sostenuto dalla troclea, dal capitello e dall’olecrano: la posizione è così mantenuta senza un contributo determinante dei muscoli e sono le cartilagini e il materiale osseo che si fanno carico di assorbire le forze. A mano in giù, a mano in su Nei disegni una mano nelle sue tre posizioni di base: neutra quando è praticamente perpendicolare di taglio al terreno, supina quando il palmo è verso l’alto, prona quando il palmo è verso il basso. Il gomito permette, come vedremo, la rotazione del polso e la pronazione e supinazione della mano per permetterci i compiti più disparati. La mano supina può pronare e la mano prona può supinare. A sinistra un braccio destro lungo i fianchi visto frontalmente, la mano è supina. Al centro la pronazione: notate come radio e ulna si scambino fra loro, incrociandosi. Se non ci credete, afferratevi un polso e ruotate la mano, sentitere proprio le ossa che ruotano fra loro. In alto a destra una rappresentazione estremamente stilizzata del radio e dell’ulna: la testa prossimale del radio è cilindrica di diametro superiore a quello del corpo, ma anche l’estremità distale è analogamente assimilabile ad un cilindro di diametro ancora maggiore. Se potessimo sezionare un avambraccio vicino al gomito, estremità prossimale, e vicino al polso, estremità distale, vedremmo dei cerchi come quelli riportati in basso a destra. Ecco come avviene la pronazione della mano destra supina del disegno precedente:
Lo spostamento laterale dell’ulna si rende necessario per non avere uno spostamento mediale, verso l’interno, dell’intera mano: A sinistra la solita mano supinata.
Adesso prendete una coppia di manubri da 25Kg, piazzatevi nella posizione iniziale della panca con manubri e ruotate le mani più o meno lentamente. Oppure guardate le mani di uno che sta usando i Kettlebell: pronazione e supinazione sotto carico, radio e ulna che ruotano e si spostano l’uno sull’altra, ruotano e traslano sui loro assi longitudinali mentre il polso ruota per mantenere la mano nella posizione che vogliamo noi. Un capolavoro di ingegneria evolutiva, una articolazione che può compiere i suoi movimenti in condizioni di velocità e carico del tutto variabili pur mantenendo la sua meccanica, senza scassarsi. I muscoli più belli del corpo Eh si, il palestrato darebbe un quinto di pancreas e tre quarti di fegato per 5cm in più di circonferenza del braccio: muscoli carnosi e pieni, voluminosi sulle braccia sono il desiderio più desiderato del praticante il bodybuilding. L’incubo peggiore per il palestrato è finire nel girone infernale dei secchi, costretto per l’eternità a fare pump-curl con i manubrini rosa da 2Kg. Nel disegno a sinistra gli estensori del gomito, in quelli a destra i flessori del gomito. Il tricipite è composto dal capo lungo che si inserisce sulla scapola e dai capi corti laterale e mediale che si inseriscono sull’omero. Il tricipite estende l’avambraccio, quando fate la panca o le parallele o i push down ai cavi state usando questo muscolo. Una funzione importante e poco nota del tricipite è la stabilizzazione della spalla insieme a tutti gli altri muscoli di questa articolazione. Nel disegno il capo lungo del tricipite isolato dagli altri: la sua inserzione sulla scapola fa si che quando questo muscolo si contrae per estendere il braccio, venga esercitata una trazione che “tira” l’omero verso la cavità glenoide, forzandolo a rimanere in sede. Il tricipite come muscolo biarticolare, si articola sulla spalla e sul gomito, crea perciò un complicato gioco di forze il cui scopo è mantenere l’integrità della spalla in tutte le possibili direzioni dell’omero, un esempio a destra:
Perciò, dire che i push down ai cavi allenano più il capo laterale o le parallele il capo lungo o altre affermazioni simili è come sempre un arbitrio, perché la conferma del risultato di uno studio non può basarsi sul “sento il tricipite che lavora meglio” o “il giorno dopo mi faceva male il capo medio”, affermazioni valide quanto un servizio di Misteri sulle persone rapite a cui gli alieni hanno impiantato delle scatolette di metallo nella testa. Ok, adesso flettete l’avambraccio e guardatevi il braccio: ecco il muscolo emblema del culturista, il bicipite brachiale, la pallina che si gonfia! Il bicipite ha due capi, quello corto e quello lungo che abbiamo già visto nella trattazione della spalla: il muscolo ha un ruolo determinante nella stabilizzazione dell’omero nella cavità glenoide, adesso lo analizziamo “dall’altra parte”. Il bicipite si inserisce con un robusto tendine sulla tuberosità radiale e gioca un ruolo determinante non solo nella flessione ma anche nella supinazione della mano, dato che è il supinatore per eccellenza, funzione intuibile dal fatto che si inserisce sul radio. Il palestrato conosce solo questo muscolo, ma in realtà altri due partecipano in maniera determinante alla flessione dell’avambraccio: Il brachiale si trova proprio sotto il bicipite, è un muscolo monoarticolare che si inserisce prossimalmente sull’omero poco sotto la metà e distalmente sulla tuberosità ulnare. Inserendosi sull’ulna non ha un ruolo attivo nella supinazione o pronazione della mano ed è pertanto un flessore “puro” dell’avambraccio. Il palestrato dovrebbe ricordarsi che il volume totale del braccio è dato anche da questo muscolo nascosto. E’ difficile studiare il comportamento del brachiale con le elettromiografie ad elettrodi superficiali proprio perché è posto sotto il bicipite. Il brachioradiale, un muscolo molto lungo che si estende dall’omero fin quasi all’estremità distale del radio partecipando ai movimenti di pronazione della mano oltre che a quello di flessione dell’avambraccio: provate un classico curl a martello, per i motivi che vedremo state utilizzando molto il brachioradiale, quel muscolo “lungo” che si contrae sull’avambraccio. C’è chi detesta questa roba, ma penso sia necessaria per comprendere meglio i movimenti. A sinistra l’insieme dei muscoli che agiscono sul gomito per fletterlo ed estenderlo, a destra il grafico relativo al braccio meccanico di ogni muscolo. Senza stare a farla troppo lunga, i grafici indicano, per ogni grado di flessione del gomito, quanto “bene” o “male” viene trasferita la forza di ogni muscolo alla rotazione del gomito: più le curve sono verso l’alto e meglio è. Come si può ben vedere, il tricipite quando è flesso oltre i 90° ha un drastico calo nel trasferimento della forza all’estensione dell’avambraccio: questo è il motivo per cui i push down ai cavi sono difficili quando portiamo le mani quasi al torace! L’indicazione che questa roba fornisce è che per ottenere la migliore leva i tricipiti non devono mai flettersi oltre gli 80°, già a 90° c’è un calo: avete mai visto un crollo di tricipite alle parallele, tipico dell’esecuzione con sovraccarico? Chi esegue scende, scende, scende fino ad avere l’omero parallelo al terreno, poi per qualche motivo scende ancora e… bang! crolla giù. Questo accade perché quando l’omero è parallelo al terreno il tricipite si trova a lavorare nel punto in cui c’è la flessione della curva e perciò pochi gradi di variazione ulteriore determinano un drastico calo nel trasferimento della forza alla rotazione e… l’atleta di botto perde tutta la spinta delle braccia! Il tricipite, pur avendo tre capi distinti, è comunque un unico muscolo che si inserisce in un unico punto sul gomito, esiste una unica curva di trasferimento della forza, sebbene sia possibile studiare ogni capo separatamente. Viceversa, i flessori dell’avambraccio sono ben tre muscoli distinti con distinte inserzioni tendinee: le tre curve hanno picchi di trasferimento ad angoli diversi, in modo da ottimizzare l’uso contemporaneo di tutti e tre i muscoli che interverranno in maniera differente a seconda dell’angolo di flessione. La misteriosa supinazione La complessità dei flessori dell’avambraccio è dovuta proprio alla supinazione/pronazione della mano che deve essere possibile durante i movimenti di flesso-estensione dell’avambraccio. Nel disegno di sinistra i principali muscoli supinatori e pronatori della mano, non è indicato il muscolo supinatore perché si trova dal lato opposto, con il bicipite brachiale che agisce come supinatore. A destra la mano che viene pronata: il tendine del bicipite brachiale viene ad avvolgersi intorno al radio variando la sua configurazione meccanica. Il meccanismo della pronazione e della supinazione è veramente incredibile, nel disegno seguente una spiegazione che richiede però un po’ di immaginazione. A sinistra, in alto una mano destra supinata vista di fronte e in basso radio e ulna visti in sezione vicino al gomito: le frecce indicano i punti di aggancio e le direzioni di trazione dei muscoli pronatori, pronatore rotondo, e supinatori, bicipite brachiale e supinatore. Al centro la pronazione della mano ad opera del pronatore rotondo che, contraendosi, fa ruotare il radio intorno al suo asse longitudinale. Il pronatore quadrato, che agisce sul polso, agirà all’unisono permettendo la rotazione del radio sull’ulna. Durante la pronazione il bicipite ed il supinatore vengono ad avvolgersi sul radio. A destra il movimento contrario, la mano prona viene supinata: in questo caso il bicipite ed il supinatore si contraggono facendo “rotolare” il radio nel verso opposto proprio grazie al fatto che i tendini, “avvolti”, possono essere “srotolati”. Prendete un manubrio da 10Kg e fate un curl bloccandovi ad avambraccio orizzontale al pavimento, a questo punto pronate e supinate la mano: è incredibile come siano possibili questi movimenti sotto carico! Il curl inverso è più difficile! Una delle difficoltà che ho quando si parla di biomeccanica è riuscire a dare indicazioni pratiche dopo tutta una barbosa trattazione con grafici e diagrammi. Chi pertanto legge una trattazione sul gomito e sui muscoli che lo muovono si aspetterebbe a questo punto dei trucchi per ottenere le classiche braccia a palle di cannone, oppure erano i deltoidi a palla di cannone… e le braccia allora? Boh… Per prima cosa, eliminiamo alcuni miti: è vero che nella flessione dell’avambraccio a mani prone viene generata meno forza rispetto a quella a mani supine, cioè il curl inverso è più difficile, però va capito il perché, che è banale e stupido ma alla fine ci siamo caduti tutti nella trappola… A sinistra un curl a presa supina, a destra un curl a presa prona: provate, sentirete una differenza abissale in quando nel secondo avrete una sensazione di instabilità e di debolezza incredibili. Quando fate un curl tenendo un manubrio nella mano dovete non solo flettere l’avambraccio sul braccio, ma anche la mano sull’avambraccio. Meglio, dovete compensare la rotazione, oraria in questo caso, indotta sul polso proprio dal carico. Nel curl a presa supina sono i flessori del polso che compensano questa rotazione, ma in quello a presa prona sono gli estensori che sono ben più deboli dei primi. Questo è il principale motivo per cui nel curl inverso non potete usare lo stesso peso che nel curl classico: l’anello debole è il polso e c’entra poco l’uso dei muscoli flessori. Perciò, per analizzare l’effetto della presa supinata o pronata non dovete usare di sicuro il curl inverso, un esercizio che pertanto non ha nemmeno un grande valore ipertrofico proprio perché è limitato nello stimolare i muscoli che vorremmo stressare. Un esercizio in cui questa differenza viene ad evidenziarsi in maniera più significativa sono le trazioni a presa supina e a presa prona dove effettivamente c’è un differenziale in termini sia di sovraccarico sollevabile che di ripetizioni continue. Nei disegni la variazione del braccio di leva del bicipite brachiale in una flessione del braccio a mano supina e a mano prona: quando il tendine si avvolge il trasferimento di forza alla flessione dell’avambraccio peggiora, dato che la leva si accorcia di circa 1 cm. Questo è pertanto uno dei motivi per cui le trazioni a presa prona sono più difficili delle trazioni a presa supina: il bicipite in presa prona è meccanicamente meno efficiente. Il problema di questa trattazione meccanica è che spiega il comportamento dei muscoli sulla base di mere, e semplici, considerazioni fisiche a base di leve e risultanti, perdendo del tutto il funzionamento interno che è invece sorprendente. Questo è un errore dell’ingegnere che fa i pesi e che vede nella meccanica l’unica fonte di spiegazioni, fissandosi sulle forze e perdendo di vista il motivo per cui certe forze vengono generate. Come scritto all’inizio, il gomito non è una articolazione creata per sostenere carichi, men che meno la mano: gomito e mano servono a farci prendere le cose, a spostarle, a raggiungerle, a compiere atti si brutali e sotto carico ma principalmente movimenti di precisione in velocità. I muscoli devono permettere di compiere gesti fluidi senza scosse o strattoni al variare di qualsiasi condizione ambientale. Immaginte di dover portare un oggetto da terra ad un punto elevato con una traiettoria continua mentre venite spostati: i muscoli devono cambiare continuamente il loro stato di contrazione in una sinergia e un sincronismo incredibili modo da permettere il compito richiesto: precisione, piuttosto che forza! Con queste premesse, analizziamo il disegno che è una rappresentazione qualitativa di uno dei tanti studi sulla coordinazione dei flessori dell’avambraccio. Lo scheletro ha un manubrio agganciato alla base del polso, anche se in realtà l’apparecchiatura è molto più complessa, in modo da eliminare del tutto l’effetto dei flessori o degli estensori della mano. In questo modo i risultati non sono falsati dall’effetto di questi muscoli. Il soggetto afferra una specie di maniglia che ha un perno regolabile in modo da esercitare una rotazione con una forza misurabile. Inizialmente è a mano prona per un certo periodo, poi supina la mano in un tempo fisso, rimane in questa posizione, prona nuovamente la mano in un tempo predeterminato e conclude il ciclo. A destra degli andamenti qualitativi delle elettromiografie dei muscoli interessati in cui è possibile notare delle contrazioni complementari: quando aumenta la contrazione del bicipite brachiale diminuisce quella del brachiale e del brachioradiale e viceversa. Questo comportamento dei muscoli è necessario per mantenere la posizione delle ossa stabile sotto carico: il bicipite brachiale quando supina la mano deve necessariamente aumentare la sua attività, ma è necessario che gli altri flessori diminuiscano la loro azione per evitare un aumento della flessione dell’avambraccio. Viceversa, quando la mano è pronata il bicipite brachiale deve diminuire la sua azione proprio per limitare la sua azione di supinatore, pertanto gli altri flessori devono aumentare la loro azione per mantenere l’avambraccio all’inclinazione voluta. Provate voi stessi, riuscite a mantenere l’avambraccio alla posizione desiderata pur ruotando il polso, in un trasferimento di forze fra i muscoli flessori indipendente dalla vostra volontà: questo accade perché i motoneuroni sono fittamente collegati fra di loro in una serie di reti che si inibiscono reciprocamente, come abbiamo già visto. Il brachioradiale inibisce il bicipite brachiale che inibisce il tricipite che inibisce… Il motivo vero per cui la flessione dell’avambraccio è meno forte a mano prona è dovuto proprio al Sistema Nervoso che attiva meno il bicipite brachiale per non farlo interferire con i muscoli pronatori. C’è però un aspetto interessante in tutto questo: se la forza in flessione a presa prona dipende dal Sistema Nervoso, è sicuramente allenabile. Esistono infatti molti studi che mostrano come di fatto l’allenamento inibisca le reti inibitorie, impedendo che un muscolo non venga fatto contrarre. Il messaggio è pertanto questo: se voi non allenate mai le braccia con le mani a presa prona avrete sempre un deficit di forza perché… non le allenate mai! Questo è il motivo per cui chi fa sempre le trazioni a presa supina si trova malissimo in quelle a presa prona: allena sempre lo stesso schema motorio. Come caso non statistico, ultimamente ho avuto un problema ad un gomito che mi ha costretto a fare solo trazioni a presa prona: sono riuscito, alla fine, ad eseguire un 5x1 con 50Kg di sovraccarico, in presa supina lo ho eseguito con 60Kg, una differenza di carico del 7% che può essere giustificata, anche se andrebbe dimostrato, per motivi di leva meccanica. In altre parole, è possibile far contrarre anche il bicipite brachiale in presa prona: probabilmente il Sistema Nervoso si allena a co-contrarre i pronatori per compensare la supinazione che farebbe ruotare la mano. Come sempre, quando parliamo di muscoli è sempre i cervello che comanda! Come indicazione generale e con tutte le eccezioni del caso, i flessori dell’avambraccio sviluppano meglio la forza quando la mano è in posizione neutra, semipronata o semisupinata. Nella posizione neutra e semipronata il brachioradiale esercita meglio la sua forza: quando eseguite un curl a martello la differenza di sensazione che provate rispetto ad un curl classico a “mani in su” è dovuto al maggior coinvolgimento proprio di questo muscolo. Nella posizione semipronata è il bicipite brachiale che può esercitare meglio la sua funzione di flessore. Le attività umane avvengono quasi tutte con la mano in queste posizioni. Adesso attenti ad un passaggio fondamentale perché non voglio fare l’errore dei paleosostenitori delle paleoteorie. I muscoli generano più forza con la mano in certe posizioni non perché queste sono quelle della vita di tutti i giorni, ma piuttosto le posizioni della vita di tutti i giorni sono proprio quelle perché i flessori della mano sono più forti in quelle posizioni. Non dico di avere ragione io, ma le due affermazioni se non altro andrebbero dimostrate. Conclusioni So di avervi deluso: questa trattazione non ha fornito dritte furbe per far diventare più grosse le braccia, però era un passaggio obbligatorio: inutile dire che non è possibile parlare di biomeccanica degli esercizi senza avere un’idea di come funziona il gomito. Sebbene i muscoli coinvolti siano quelli che denotano “forza estetica” per il culturista, lo scopo primario dell’articolazione del gomito è permettere essenzialmente movimenti precisi, in assistenza alla mano che è per eccellenza l’emblema della capacità dell’Uomo di “creare”: nessun animale al di fuori dell’Uomo è capace di movimenti così forti, delicati e precisi quali lo scolpire un materiale duro come il marmo. Perciò, il gomito non è fatto per sostenere carichi immensi in movimenti da cerebrolesi quali quelli che ci piacciono quanto piuttosto riuscire a mantenere la precisione del movimento anche sotto carico: la pronazione e supinazione della mano ne sono un esempio. Per ottenere questo risultato sono necessari muscoli che si coordinano fra loro in maniera estremamente complessa in modo da mantenere costante l’output delle forze necessarie al movimento. Esiste così un deficit di forza fra flessione dell’avambraccio con la mano prona rispetto alla mano supina: questo si spiega parzialmente grazie alla meccanica delle leve ma principalmente con la neurofisiologia. Se vi serve essere forti nella flessione del braccio in presa prona… allenatela e diventerete più forti, molto di più di quanto immaginereste. Questo è il messaggio. Appendice – La panca Scott allena la parte bassa dei bicipiti. Non voglio dedicare altro tempo alla trattazione dell’allenamento delle braccia per un semplice motivo: non mi è mai piaciuto fare questi esercizi dove non sono forte né ho le braccia grosse. Probabilmente è la Sindrome della Volpe e dell’Uva©™®che mi fa ragionare così, però, ragazzi… stiamo parlando di esercizi monoarticolari del cazzo alla fine, dai… il gomito fa da perno, l’avambraccio ruota sul braccio. Non occorre tirare fuori tanta biomeccanica o tanta neurofisiologia per movimenti che sono di fatto semplicissimi anche all’interno dei canoni della palestra. Però dato che sono i più praticati, è possibile ancora oggi vedere e sentire cose abominevoli. A sinistra la rappresentazione delle braccia che è cablata nella testa di ogni palestrato che si rispetti: Le braccia sono composte dal solo bicipite brachiale, il brachiale è inesistente, si sa che esiste il tricipite ma quello “serve nella panca” Il bicipite è diviso nella “parte bassa”, quella che dà volume quando il braccio è steso, e nella “parte del picco”, quella che crea la montagna quando il braccio è flesso e contratto, come aveva Arnold. Ovviamente, la rappresentazione corretta è a destra: le fibre scorrono per tutta la lunghezza del muscolo e non esiste parte bassa o del picco. Le fibre contraendosi si accorciano per tutta la loro lunghezza e dato che non esiste una terminazione nervosa per il picco e una per la parte bassa… non è possibile allenare il picco o la parte bassa! Le forme muscolari sono determinate essenzialmente dai geni che i vostri genitori vi hanno regalato e, come già diceva Confucio 3000 anni fa, “ragazzi non ci sono cazzi”, se la forma non è quella giusta il picco non ci sarà. E’ comunque importante sottolineare che al volume e alla forma complessiva contribuisce anche il brachiale che è proprio sotto ciò che si vede… Questa è una piccola analisi della panca Scott ricalcando le logiche di uno studio molto carino che conferma con le elettromiografie l’andamento della curva della forza calcolata con le leggi della Statica. Il grafico mostra l’andamento della forza alle varie inclinazioni del braccio: notate come la forza decresca all’aumentare della flessione. Le leve meccaniche sono infatti estremamente svantaggiose quando l’avambraccio è completamente esteso: in partenza la forza necessaria a flettere l’avambraccio è doppia rispetto ad avambraccio parallelo che a sua volta è doppia rispetto ad avambraccio flesso a 135° o, se volete, a 45° rispetto al pavimento. In pratica nella panca Scott la difficoltà è tutta all’inizio ed è questo il motivo per cui la “sentite” nella parte bassa del braccio: state facendo stretching dei tendini sotto carico, ma di sicuro non state allenando la “parte bassa” del bicipite. Come tutti i monoarticolari, in questo movimento non c’è modo di sfruttare altri muscoli in condizioni di leva più vantaggiosa pertciò… attenti alla panca Scott perché sollecita in un intervallo angolare limitato i flessori del braccio in maniera estremamente violenta: quelli che fanno quasi cadere il bilanciere per poi strattonarlo violentemente in alto sottopongono i muscoli a tensioni enormi. Ragazzi, le braccia si allenano in maniera specifica con i monoarticolari, esercizi semplici e se volete stupidi che non insegnano nulla al Sistema Nervoso. Però se li fate… fateli bene: inutile strattonare o rimbalzare, sono esercizi di isolamento e le sboronate e i cariconi lasciateli per altri movimenti, esiste una compentenza ed una professionalità anche in questo tipo di movimenti, perciò studiatela e lasciate il cheating ad altri. Anche un semplice curl ha una sua estetica, che è sempre la solita: dare impressione di controllo e dominio del carico, con movimenti “controllati”. A me non interessa allenare le braccia direttamente, però quando lo faccio… lo faccio per bene con tutto il rispetto dovuto a questo tipo di allenamento. Bibliografia
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(#2)
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One of Us
Messaggi: 83
Data registrazione: Feb 2010
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24-06-2010, 10:40 PM
Visto che hai parlato della Panca Scott, che ogniuno chiama a suo modo tra schot\schotch\scoth\scothc (l'ho viste scritte così nelle schede in palestra), volevo chiederti se puoi mostrare come e perché si sviluppa la "tendinite di quervain" (LINK)...forse ti rompe un po' perché dovrai utilizzare un modello per il polso. Se ti rompe lascia stare, capisco che non ti piace. Nzomma, io prima di abbandonare (e di capire più che altro) che la panca scott è malefica ho dovuto sorbire 2 tendiniti, sono rimasto scioccato che anche altri come me (quando ne ho parlato in palestra) l'hanno avuta puntualmente alla panca scott, xò sono scoppiato a ridere quando attribuivano il dolore della tendinite all'efficacia dell'esercizio, e perseveravano sopra il dolore con quell'attrezzo malefico, no pain no gain. uahahaha! |
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