|
Pure Strength Weightlifting, Powerlifting e tutto ciò che riguarda la pura forza.
Ciao amico visitatore, cosa aspetti? Apri una discussione subito nella sezione Pure Strength |
|
LinkBack | Strumenti Discussione | Modalità Visualizzazione |
(#1)
|
|
Psycho Lifter
Messaggi: 1,687
Data registrazione: Jun 2005
Località: Arezzo
Età: 56
|
Biomeccanica di base - Parte 3 - Muovi quel manubrio! -
18-06-2007, 12:18 PM
Biomeccanica di base - Parte 3 - Muovi quel manubrio!Ok, adesso che abbiamo il nostro giocattolino, facciamolo funzionare! Richiamiamo i punti fondamentali del modello. Lo schema è quello sotto riportato. La forza F ha la stessa direzione dell’omero, e il braccio di questa forza (indicato con d1 nel disegno) è legato all’angolo theta dalla legge seguente: I passaggi corretti per far funzionare correttamente il modello sarebbero:
Ok, ora non spaventatevi: ci sono molte scritte nel grafico successivo ma il ragionamento è semplice e già l’abbiamo fatto. Supponiamo che il nostro manubrio percorra la sua traiettoria angolare a velocità (angolare) costante, sia nella fase eccentrica che in quella concentrica. Le variazioni sono presenti all’inizio e alla fine di ogni fase. Applichiamo la semplificazione di considerare la velocità lineare a tratti. Per una maggior flessibilità consideriamo che le velocità di regime in fase eccentrica (di durata Te) e in fase concentrica (di durata Tc siano differenti). La velocità varia in tempi che sono frazioni del tempo di ogni fase, da qui l’uso di coefficienti k il cui valore è compreso fra 0 e 1. Questo è un giochetto tipico dei matematici: per dire che la velocità cresce in un tempo pari al 30% del tempo dell’eccentrica si considera un coefficiente K=0.3. Poiché è relativo all’eccentrica, si indicherà con Ke e poichè ce ne sono due per ogni fase, gli darò un pedice pari a 1. Da cui la notazione. Non spaventatevi. In questi intervalli di tempo si manifesteranno delle accelerazioni (angolari) pari a: Conoscendo lo spostamento angolare totale possiamo determinare le velocità massime. L’arco di movimento è quello espresso in figura: si parte con il manubrio in verticale sull’avambraccio e si estende fino ad avere l’avambraccio completamente in linea con il braccio. L’angolo percorso si esprime in questo modo: Questo, come oramai sappiamo, deve essere pari all’area sotto ogni “trapezio” dato che nella curva delle velocità ciò corrisponde allo spazio percorso in un dato tempo, perciò si ottiene, per l’eccentrica: Come sempre, sembra difficile ma è l’area dei singoli pezzi sotto la curva dell’eccentrica. Semplificando, si ottiene: Da cui (anche per la concentrica): Riscriviamo adesso la prima legge della dinamica applicata al nostro modello, considerando positiva una rotazione oraria e negativa una antioraria: Da cui: La presenza di variazioni di velocità determina un contributo aggiuntivo rispetto alla situazione statica. Ricordiamo le formule delle coppie delle forze in gioco: Risolvendo l’equazione per determinare la forza F si ottiene Tiriamo fuori qualche risultato! I dati iniziali Consideriamo il solito manubrio da 20Kg, un avambraccio (compresa la mano) lungo 32cm, un braccio della forza del bicipite che va da un minimo di 2cm ad un massimo di 3cm.
La figura sopra riportata mostra a destra il diagramma della forza statica (in Kg equivalenti) rispetto all’angolo theta. Questo grafico non ci dice come questa forza si sviluppa nel tempo, ma semplicemente ad ogni valore dell’angolo quanta forza è necessaria per equilibrare perfettamente il peso. A sinistra viene riportato, invece, come la forza statica si produce nel tempo sulla base dei dati che sono stati inseriti nel modello. La forza cresce fino ad un massimo, poi decresce. Nella pausa ha un valore diverso da zero, perché è necessario “tenere” il manubrio. Poi inizia la concentrica. La rappresentazione in funzione del tempo permette di evidenziare la diversa durata della concentrica rispetto all’eccentrica. La prima rappresentazione ci dice “quanta forza” in funzione dell’angolo, ma non essendo descritto come l’angolo varia nel tempo, non ci dice il “come accade”. La seconda rappresentazione ci mostra il manubrio in movimento, ed è quella che useremo. Si parla di forza statica perché volutamente per didattica sono stati esclusi i contributi dovuti alle accelerazioni, il grafico non è perciò reale! Il grafico seguente mostra l’andamento della forza che dovete generare con il vostro bel bicipite per compiere una ripetizione secondo i dati che abbiamo stabilito. Ed ecco a voi i famosi quanto famigerati picchi di forza! Mi raccomando, le “spigolosità” sono dovute al fatto che la velocità è approssimata come lineare a tratti, in realtà sono delle “gobbette” simili a quelle del disegno ma più smussate ai lati. Per frenare il manubrio in 5/10 di secondo su una eccentrica di 2 secondi e metterlo in moto da fermo in 1/10 di secondo su una concentrica di 1.5 secondi è necessario fornire una forza aggiuntiva. Come si vede, più velocemente si deve mettere in moto il peso, più questa forza deve essere elevata. Nel caso della concentrica devo generare in quel 1/10 di secondo circa 175Kg equivalenti in più, pari a quasi l’80% in più rispetto ad una situazione statica! Il concetto basilare che vorrei che assimilaste è: più velocemente cercate di frenare o di iniziare un movimento, più sarà necessario generare forza perché ciò avvenga. E questa forza è una forza di tipo impulsivo. La “larghezza” dell’impulso è pari al tempo che serve per mettere a regime la velocità. Riprendiamo la formula dell’accelerazione per frenare il peso: Ma sappiamo anche che: Perciò:
Nella pratica dell’esecuzione dei vari movimenti, infatti, non è che voi muovete un peso e lo frenate più o meno dolcemente… lo muovete “forte” o “piano” ma lo frenate sempre allo stesso modo. La figura sopra riportata mostra i picchi della forza necessaria per frenare il manubrio nel caso di una eccentrica di 2, 3, 4 e 5 secondi. Possiamo dire che con 5 secondi il “fenomeno” è del tutto attenuato. Il metodo Superslow perciò è una modalità di esecuzione che prevede un movimento che ben si avvicina alla condizione di “quasi-staticità”. E’ però fondamentale imparare ed assimilare che qualsiasi movimento eseguito secondo tempistiche “naturali” è affetto dalla presenza di questi picchi di forza. Non sono cioè condizioni anomale ma normali. Per tempistica naturale si intende un gesto atletico compiuto alla velocità che il buon senso ci dice propria. Una panca controllata e ben fatta sarà eseguita con eccentrica di circa 2 secondi, uno stacco potente e deciso verrà compiuto in circa 3 secondi. Portare a velocità di regime un manubrio o un bilanciere implica la generazione di molta forza in un intervallo di tempo ristretto. Sempre. Esserne coscienti aiuta a massimizzarne gli effetti e a eliminare i possibili “problemi”
Questo picco di forza necessario per “partire a razzo” è prodotto dai muscoli, ma questi sono attaccati alle ossa tramite dei tendini. Tutta la struttura risentirà di questa “lama”: non è necessario utilizzare grandi carichi per farsi male! Le forze in gioco quando si effettuano movimenti a strappo, con slancio, velocissimi sono molto elevate, decisamente molto più alte rispetto a quanto si pensa normalmente. Andiamo “fuori giri”, ma non ce ne accorgiamo perché il tutto si confina in intervalli di tempo infinitesimi rispetto alla normale percezione che abbiamo del tempo. Estremizziamo ancora di più: utilizzate un manubrio da 3Kg e fate dei curl con eccentrica velocissima, diciamo in 3 decimi di secondo! Che ci vuole, del resto, i manubri da 3Kg sono quelli che usano le grassone che fanno la fit box! Bene, in questo modello, il rapporto fra la forza massima statica e quella dinamica è pari al 690% Ciò significa che i 3Kg, che sul vostro bicipite “pesano” circa 40Kg equivalenti, diventeranno quasi 7 volte tanto per circa 5 centesimi di secondo, cioè 280Kg! Ora che lo sapete, regolatevi… Un altro esempio di diversi comportamenti in regime dinamico. Perché è più difficile fare un curl partendo dalla posizione di maggior difficoltà rispetto ad una posizione differente? Banale, direte: perché ci vuole più forza. Ma… perché? Siete in piedi, avete il solito manubrio ad un lato del corpo. Con una postura praticamente perfetta, flettete l’avambraccio in 2 secondi (e 0.1 secondi per mettere a regime la velocità del manubrio). Dopo un adeguato recupero, posizionate l’avambraccio a 90° rispetto al braccio e riprovate, flettendo questa volta in 1 secondo perché fate metà del movimento precedente (sempre 0.1 sec per la velocità di regime) Ce la fate, ma è decisamente più difficile. Il grafico seguente mostra quanto è più difficile. La curva blu è il caso a 180°. Dovete dare un picco di forza per mettere in moto il peso, poi però l’angolo di flessione è tale che la forza che dovete generare è decisamente di meno, per crescere e diventare massima quando l’avambraccio è orizzontale. Chiudete il movimento perché nel punto di massima difficoltà il manubrio ha già velocità, sebbene la forza che dovete imprimere sia maggiore di quella della partenza Nel secondo caso, descritto dalla curva viola, dovete generare forza in corrispondenza del punto di difficoltà maggiore se volete che il manubrio si muova, perciò questa si somma alla forza necessaria per tenere il manubrio fermo in posizione statica. C’è un intervallo di tempo in cui voi dovete generare quasi il doppio della forza del caso precedente. Se ce la fate, chiudete il movimento, altrimenti… Per questo si vedono dei cheating assurdi quando l’avambraccio è parallelo al terreno! Al termine di questa parte della trattazione risulta evidente che in un movimento dinamico c’è una componente di forza aggiuntiva da generare necessaria per mettere alla velocità di regime (o per frenare) il manubrio o il bilanciere stesso. Questa forza varierà in funzione di due variabili:
|
|
|
Tags: biomeccanica, manubrio, muovi, quel |
Strumenti Discussione | |
Modalità Visualizzazione | |
|
|