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Pure Strength Weightlifting, Powerlifting e tutto ciò che riguarda la pura forza.

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Predefinito Powerlifting stile McRobert - 23-03-2008, 09:15 PM

Powerlifting stile McRobert


Lo spunto per quello che scrivo viene essenzialmente da quanto leggo su internet. Ultimamente ho partecipato ad una discussione che suonava circa così: “programmazione o istinto”.

Molto spesso quando si leggono le descrizioni delle schede di allenamento si ha l’impressione di una certa freddezza, di una glaciale esposizione di formule matematiche, senza poesia, passione, creatività.

Il problema è che queste esposizioni sono magari la sintesi, rimessa in bella copia, di mesi se non anni di esperienze, prove, errori, cazzate, grandi idee fallimentari, intuizioni troppo ardite anche solo da pronunciare. Tutto questo viene perso nelle due o tre paginette che descrivono lo schemino da eseguire e perchè eseguirlo.

In altre parole, il 5×5 di Bill Starr, il DE/ME di Simmons, gli schemi di Sheiko sembrano pensati da dei professoroni con la barba bianca, che si sono messi a tavolino, hanno preso delle specifiche, hanno pensato e scritto dei risultati. E allora ecco che parte il treno del “ma non si segue l’istinto”.

In questo articolo descriverò il mio ultimo ciclo di squat e di stacco, quello che mi ha dato i risultati migliori di sempre. Ma ve lo presenterò nella sequenza temporale con cui è nato e cresciuto, induttivamente, dal basso verso l’alto, bottom up, con tutte le pecche e gli aggiustamenti e le spiegazioni del perchè ha funzionato, che però, incredibilmente, sono venute DOPO. Voglio farvi vedere come ci sia una grossa fetta di “istinto” che viene persa quando, alla fine, lo rimetto a pulito.

Perchè, in fondo, si può programmare ad istinto e essere istintivi all’interno di una programmazione.

Tutti quelli che si interessano esclusivamente di articoli dove compare la parola “massa” non devono leggere questo pezzo. Idem quelli che si allenano seguendo una particolare filosofia e reputano “impossibile” fare le cose in altra maniera.

Il pezzo è per tutti quelli che interpretano l’allenamento come una specie di esperimento, di prova sul campo, per tutti quelli che si allenano anche solo per il gusto di farlo, per il piacere di eseguire certi movimenti. Ed è per tutti quelli che si allenano senza dover dimostrare niente a nessuno, e che non hanno paura a buttarsi in cose un po’ folli che magari funzioneranno ma anche potrebbero essere solo tempo buttato via.

Questo è un ciclo lungo. Lunghissimo, direi. E’ partito a metà Settembre 2007 e si è concluso, nello squat, a metà febbraio 2008, mentre nello stacco è terminato a metà marzo 2008.

In questo è biblicamente McRobertiano e costituisce una specie di ritorno alle origini ah ah ah

Io ho conosciuto McRobert nel 1995 e devo dire che questo tipo di Cipro fu una specie di illuminazione. Iniziavo a lavorare, e il tempo per andare in palestra era molto meno. Comprai gli attrezzi, ma non ero sicuro che sarebbero stati sufficienti. Trovare un tipo che da un’isola lontana mi diceva che era tutto ok, addirittura che sarebbe stato meglio di prima fu la luce in fondo al tunnel, senza TIR, però.

Lo stile messianico di McBobby mi colpì, e nel tempo le ho provate tutte le sue idee. Poi… basta. Come sempre, l’approccio rivoluzionario quando perde di mordente e non evolve diventa stantio. Che palle le solite cose ridette migliaia di volte e i libri scritti stile versetti delle Sacre Scritture.

Devo dire che McRobert mi è diventato molto simpatico quando raccontò di come si fosse tritato la schiena per fare 20×180Kg di stacco, con quasi tutte le ripetizioni in rest pause. Un mito. Una cazzata grossa non come una casa, ma come un intero paese. Immensa. Nemmeno io sarei riuscito in una impresa del genere. Perciò… McRobert è umano, sbaglia come tutti. Troppo forte.

Questo è un ciclo per il powerlifting, ma è lungo come uno schema di McRobert. Perciò… è un ibrido bastardo, una mutazione radioattiva che non consiglio a nessuno se non a chi vuole provare.

Nel pensarlo, ci ho messo dentro tutto quello che ho ritenuto funzionare su di me. Su di me, non su di voi. Perciò sono partito da qui:
  • La mia frequenza ottimale per squat e stacco è di 1 squat e 1 stacco a settimana. Io posso reggere 2 allenamenti massacranti, ma in uno faccio squat, in un’altro faccio stacco. Non posso fare squat+stacco due volte, qualsiasi siano i volumi e le intensità.
  • Detesto i lavori submassimali a poco volume. Ho bisogno di un certo volume di ripetizioni per imparare a gestire i Kg che sollevo. Se scendo troppo di volume, inizio ad andare in stallo.
  • I recuperi devono essere medio-bassi, giocando sul buffer. L’allenamento deve essere brillante, veloce, devo sentire che sposto tanti pesi per tante ripetizioni in poco tempo. A me piacciono allenamenti mediamente densi. Quando correvo, gli allenamenti che mi venivano meglio erano 6×150metri recupero 6′, buon volume, recuperi medi, velocità elevate e recupero incompleto.
  • Il concetto è che voglio tirare dei bei pesi, ma nemmeno voglio avere la percezione di stare a perdere tempo. Cicli con recuperi elevati e poco volume sono per me mortali perchè mi danno l’impressione di buttare via un pomeriggio per fare 3 cose. Perciò li carico di aspettative e comincio a sentire l’ansia da prestazione. Quando questo accade, il ciclo finisce.
  • Ogni ripetizione è importante, non devo essere stressato sul finire la serie, ma concentrarmi su ogni singola ripetizione. Per questo, al massimo serie da 4 ripetizioni.
  • Lo schema della settimana è il seguente:
  • Lunedi: riposo
    Martedi: Stacco + qualcosa
    Mercoledì: Parte superiore + addominali
    Giovedì: Cyclette
    Venerdì: riposo
    Sabato: squat + panca + qualcosa
    Domenica: Cyclette
  • Mi impongo di scaricare alla quarta settimana di ogni ciclo. Poiché solo il sabato mi posso allenare con il rack, questa cartuccia la sparo sempre, semplicemente perchè è troppo preziosa. In più, la domenica mattina mi piace guardarmi un film mentre pedalo. La settimana di scarico consiste perciò nell’eliminazione dei 3 allenamenti infrasettimanali.
  • Non mi voglio rompere tanto le palle ma voglio “stazionare” su un certo peso per assimilarlo bene. Perciò ogni mesociclo deve essere a carico costante, e voglio giocare sui volumi di allenamento.
  • Come schema scelgo un 10x. Mi piace il numero 10, non c’è altro motivo. Perciò decido una cosa del genere:
1° settimana: 10×2 rec 1′
2° settimana: 10×3 rec 1′30”
3° settimana: 10×4 rec 2′
4° settimana: scarico
  • Ovviamente, c’è uno sfasamento. Quando scarico in pratica elimino la seduta di stacco ma non quella di squat, perciò i due schemi non saranno allineati. Poiché non mi sembra un grande problema per l’Umanità, me ne sbatto altamente.
  • Per la scelta dei carichi: a Settembre faccio un test di squat, 140Kg ben sotto il parallelo, appoggiati sulle barre di sicurezza, pausa immensa e risalire. Perciò stimo di valere un tranquillo 160Kg. Nello stacco i miei soliti 200-220Kg li tiro di sicuro anche con la febbre, inutile farsi tante seghe mentali. Decido di partire da 110Kg nello squat e 140Kg nello stacco. Nel caso fosse troppo poco la strategia sarà di non fare 10×2 ma, che so… 12×2, 14×2. Del resto, con 1′ di recupero l’allenamento è comunque veloce.
  • Per la scelta degli incrementi, +10Kg ogni mesociclo. Perchè… mi piace così. Non so quanto valgo di massimale, ma di sicuro 10Kg sono dal 4% al 7% di quanto valgo, perciò… vanno bene 10Kg.
  • Questa roba durerà fino a che durerà, senza limiti di tempo, fino a che mi va. Stop.
Queste sono le premesse di base. Come vedete, niente di astronomico, ma solo di molto pratico. Si definisce quello che si vuole fare e quando si vuole fare, la struttura viene abbozzata e poi via via sgrezzata.

Per fare questo, è necessaria la conoscenza di se stessi: applico le teorie per “sentire” che va bene quello che andrò a fare. Non mi dite che qui è “pianificato e programmato” tutto eh…

Ok, inizio ad eseguire. Vediamo lo squat

I primi allenamenti sono relativamente facili, e faccio più serie. 110Kg, 120Kg. Ai 130Kg non ce la faccio più a chiudere il 10×4, e passo a 8×4. Ok, va sempre bene: sono sempre 10×3=30 e 8×4=32 ripetizioni, perciò va bene lo stesso.

Chiudo 8×4x150Kg. “Sento” che 10×2x160Kg è troppo, perciò cambio lo schema a 10×1, 10×2, 10×3. Notate anche qui che il cambiamento di schema è dato dalle sensazioni. La differenza fra una doppia e una singola è assolutamente abissale. La singola è uno sparo secco. C’è tutta la tensione per posizionarsi e partire, ma poi come si chiude, il tutto è finito. Nella doppia ci si deve risettare con il peso sulle spalle, e ripartire. E’ tutto un’altro film.

Anche stavolta non riesco a terminare il 10×3, le triple sono come le quadruple, troppo lunghe quando il peso è tanto. Chiudo un 7×3 che sono sempre 21 ripetizioni contro un 10×2 che sono 20.

I 170Kg sono una piacevole sorpresa: 160-170Kg è l’intervallo di peso dove ho il crollo prestazionale, invece riesco a chiudere un bellissimo 10×1 e poi un 10×2x170Kg. “Sento”, anche stavolta, che il ciclo sta finendo, e invece del 7×3x170 passo a 10×1x180Kg che va da Dio.

La volta successiva provo il massimale, 2×1x190Kg, poi un 200Kg alto e infine 200Kg puliti, senza cintura, fasce, corpetto. Il miglior risultato di sempre.

Nello stacco è la stessa cosa, non riesco mai a chiudere un 10×4, il massimo è stato 7×1x180Kg, e poi sono passato a 10×1x190. Sono arrivato, in fondo, a 7x3x210Kg, 10x2x220Kg, 10x1x230Kg, mai fatti prima, tra l’altro senza nemmeno la cintura e con i dischi da 35cm e non i regolamentari 45cm.

Insomma… questa roba ha dato i suoi frutti! Non vi immaginate nemmeno quanto istinto c’è!
Due altri punti importanti che ho considerato:
  • Curare gli squilibri. Ognuno di noi ha un lato dominante, un arto dominante, una serie di muscoli dominanti. Nessuno esegue i movimenti in maniera simmetrica. In più, chi fa squat e stacco pesanti ha uno squilibrio di forza evidente fra i flessori e gli estensori dell’anca, a favore dei secondi. Memore dell’esperienza della lesione all’articolazione sacroiliaca sinistra, so cosa succede quando un dolore da una parte ne fa venire altri dalle parti opposte. Perciò:
    • nello stacco ho alternato le mani nella presa mista in ogni serie
      nella seduta di squat ho fatto stacco ad una gamba, alternando le gambe, con pesi da 30Kg a 50Kg
    • ho fatto addominali sulla panca inclinata utilizzando una sola gamba per ancorarmi, in modo da sforzare lo psoas
    • ho fatto una specie di skip sul posto ad una gamba, anche con l’ausilio di resistenze date dagli elastici
    • la cyclette ha avuto una sua funzione in tutto questo in quanto se pedalando si spinge con una gamba e si tira con l’altra si ha un utilizzo dei flessori dell’anca notevole, in maniera unilaterale
Devo dire che questa roba ha funzionato, con quella sensazione di sollievo data dalla “decompressione delle ossa”, tipica di questi esercizi. In altre parole, “riequilibrare” non significa che se faccio 180 di squat devo fare gli addominali con 3 piastre da 20Kg caricate addosso, ma che devo utilizzare anche gli antagonisti dei muscoli principalmente usati
  • Curare la velocità di esecuzione. Via via che i pesi sono saliti, ho inserito a ruota delle serie un altro schema in 5-8×2 recupero 1′ o meno, con 40-60Kg meno, in modo da avere una esecuzione “brillante”. Qui si apre un altro capitolo interessante ma non è questo l’articolo adatto. Il concetto è che ci sono dei punti dell’alzata che devono essere eseguiti ad una certa velocità. Quando questa si abbassa… siamo vicini alla fine del ciclo perchè diminuisce il margine di gestione del peso sollevato. Imparare a mantenere “viva” la velocità con cui si passano i punti difficili permette di continuare a progredire, ma, appunto, ne parlerò in un’altro momento.
Queste serie hanno dato anche volume alla seduta, perchè un 10×1 è un “basso” volume, con conseguente deallenamento.

Ok, questo è quanto ho fatto. Spero che siate un po’ confusi. Bene, era quello che volevo… perchè, di fatto, così è andata. Nemmeno io ho avuto le idee chiarissime, se non a grandi linee. Poi, provando, mi sono adattato.

Perchè ha funzionato? Ovviamente, un motivo c’è. Ecco perciò a voi la versione “scolastica”, che fonde teoria e pratica, ma sembra che la pratica discenda dalla teoria.

Faccio un po’ di bei grafici per dare quel tocco di managerialità che tanto piace (anzi, non “grafici”, ma “slides”). Ve lo spiego, cioè, “per dritto”, come se fosse una bella lezioncina dove chi parla sa per filo e per segno cosa serve e cosa non serve. Vedrete che è come se fosse un’altro film.


Il programma si basa sui principi della Dual Factor Theory, per cui la risposta migliorativa non è conseguente ad un singolo stimolo allenante, ma può essere gestita sulla base di blocchi di sedute allenanti. In questo modo, l’intero mesociclo è a carico (cioè ad intensità) costante ma si sposta verso un aumento di volume e di conseguente fatica.

Al termine si scarica in modo da dar luogo agli effetti compensativi che faranno si che il successivo incremento di carico (cioè di intensità) possa essere sopportato.

E’ presente anche una struttura per i mesocicli, in quanto questi sono a loro volta raggruppati in una prima parte dove i volumi di lavoro sono costanti fra mesocicli anche se i carichi aumentano, e una seconda parte dove vanno a decrementare in funzione dell’incremento dei carichi. La prima parte è chiamata accumulo e la seconda parte intensificazione.

In pratica, questo è una estensione del ciclo russo.

Il grafico mostra i vari mesocicli e le settimane (microcicli) all’interno. I due colori differenti fanno vedere le due fasi di accumulo e intensificazione: le curve con i triangolini gialli rappresentano il totale delle ripetizioni, che è proprio il volume di allenamento.

Notate come il carico cresca, per quanto a tratti, linearmente nel tempo, con la conseguenza che gli altri parametri si devono adattare per permettere che questo accada.

Vediamo cosa succede all’interno di un mesociclo di accumulo:


La fatica si accumula perchè vado ad eseguire a parità di carico sempre più volume di lavoro. Questo è possibile perchè ho un adattamento nei vari allenamenti: il corpo umano risponde meglio a variazioni di volume che a variazioni di carico. Ovviamente, con un equilibrio. Ma se il carico non è eccessivo, l’adattamento neurale è possibile. Perciò negli allenamenti seguenti vi è l’adattamento metabolico. Mettiamola così: la prima volta si saggia il peso, se questo è “fattibile”, le volte successive è solo questione di reggere di più.

Empiricamente sperimentiamo continuamente questo fenomeno. La prima che mi viene in mente: se oggi mi sveglio 5 ore prima del solito, all’una di notte invece che alle sei, questa variazione non è sostenibile nel tempo, ma se invece mi sveglio alle cinque e mezzo, dopo i primi giorni riesco ad adattarmi.


Questo è invece quanto succede fra due mesocicli della fase di accumulo. Lo scarico permette il recupero o, meglio, di dissipare la componente fatica come vuole la Dual Factor Theory. L’accumulo di fatica non permette di osservare i miglioramenti.

Al termine dello scarico io sono nelle condizioni ottimali per incrementare il carico, avendo avuto un perfetto adattamento a quello precedente. Perciò… intensifico: scalo il volume verso il basso e salgo con il peso. Posso calare anche il recupero, perchè il nuovo volume, inferiore, me lo permette.

Questo allenamento risulta pertanto fattibile, a patto che l’incremento scelto tale da nona vere un salto di carico elevato. Il 5% è l’incremento ideale.

Quando i carichi entrano nell’intervallo dall’80% in su per poter mantenere la linearità dell’incremento devo accorciare il ciclo, perchè l’esposizione per troppo tempo a stimoli così elevati risulta di difficile praticabilità. Pertanto la fase di accumulo vede una riduzione di tutti i parametri in gioco in modo da permettere di affrontare il lavoro all’intensità richiesta.

Bene: questa è la spiegazione tutta bellina scritta per dritto. Sembra che io mi sono seduto a tavolino e abbia disegnato i grafici, poi mi sono messo ad allenarmi.

Quello che è successo è che l’esperienza di anni su questa roba fa si che io abbia assimilato i principi di base e me li sappia giocare senza doverli di nuovo scrivere per esteso. “Istintivamente” io mi alleno sempre così. In ogni ciclo si sale con qualcosa e si scende con qualche altra cosa, per poi scaricare e ripartire. Per quanto tempo? Per “quanto serve”.

Ognuno di noi “istintivamente” o “a braccio” si allena definendo una progressione di qualcosa più o meno definita. Il punto è che i soliti principi spiegano perchè queste progressioni funzionano, ma… questi principi non sono noti a coloro che si allenano.

Per questo, ogni volta, si riscopre la ruota. E per questo, poi, molta gente prende delle musate allucinanti. Perchè il causa-effetto, il prova-e-riprova funzionano ma ci sono dei momenti in cui l’impianto teorico è fondamentale.

Io, ad esempio, per anni ho incrementato i carichi scalando il volume, per arrivare ad allenamenti a % elevate su pochissime ripetizioni. Invece, avrei dovuto scalare le serie mantenendo il volume costante il più possibile. “Istintivamente” mi sembrava che il primo approccio fosse corretto. Adesso le nuove conoscenze cambiano il senso di “istintivo”.

Ora ripensate alla teoria sulle onde di carico, al 5×5 di Bill Starr, a tutti i metodi che considerate farraginosi, complicati, poco pratici. Quello che avete letto è il Bignami, non il libro vero. Il libro vero è pieno di prove, errori, strafalcioni, note a lapis, disegni venuti male, ma anche di risultati incredibili, alcuni addirittura inaspettati, di teorie confermate, di aspettative, di vittorie. Magari la frasettina “5×4x75%” è stata testata da migliaia di atleti nelle condizioni più disparate.

Per voi è solo una scritta, ma in realtà è la sintesi di sogni e incubi. La scritta merita rispetto. Istinto… mai si è abusato di questa parola come nel bodybuilding.

Come vedete, la conoscenza teorica abbinata alla pratica crea una esperienza che permette di fissare degli obbiettivi e scegliere qualcosa di plausibile per arrivarci. Questo è un ciclo lungo che mette insieme pezzi di McRobert e pezzi di powerlifting.

Ma non è né l’uno, né l’altro. E’ il mio schema. Non lo consiglio a nessuno perchè siamo tutti diversi. Però variazioni sul tema possono essere interessanti.

Se volete provare, concentratevi sulla prima parte e lasciate stare la seconda!


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alexsurfer alexsurfer Non in Linea
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Predefinito 27-03-2008, 03:39 PM


Interessante, ma quello che mi ispira e' la parte, che definirei protettiva, ossia gli addominali ancorati a una gamba, lo skip a una gamba ecc... Secondo me, quello che conto nn e' quanto fai, ma come lo fai, con cura della tecnica, con tempi di recupero, e soprattutto con scarico programmato. Conrcordo con te sulle serie alte ma ripetizioni basse, e volumi medi, in questo modo ti concentri sulla tecnica, e nn vizi l'esecuzione con l'aumento dell'intensita' delle ripetizioni.
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  (#3)
Paoloca Paoloca Non in Linea
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Predefinito 06-04-2008, 01:47 PM


mmh...probabilmente comincio qualcosa di simile anch'io per squat e stacco.

Sono stato preticamente senza allenarli per vari mesi dopo un infortunio alla bassa schiena che rompe ancora un pò ma forse sta passando. Probabilmente un ciclo di questo tipo è la cosa migliore, vediamo dove mi porta.

Penso di aggiungere un allenamento in cui faccio delle varianti leggere visto che 1x wk è un pò bassa per me come frequenza. La panca invece ho bisogno di allenarla in modo completamente diverso.

Grazie dell'ispirazione.
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  (#4)
greatescape greatescape Non in Linea
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Predefinito 06-04-2008, 03:06 PM


io quando faccio squat e stacco nello stesso allenamento mi sento un po frastornato, non rendo al massimo mi manca la carica e pensare che nello smolov si fa 3 volte a settimana squat + stacco + panca lo stesso giorno
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  (#5)
IronPaolo IronPaolo Non in Linea
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Predefinito 06-04-2008, 07:10 PM


Ciao ragazzi e grazie della lettura.

Alla fine, credo che ognuno di noi abbia un volume massimo ottimale e una suddivisione ottimale del numero di volte che esegue una data alzata.

Io ho visto che non solo non posso fare squat+stacco per due volte a settimana, ma anche due volte squat o due volte stacco. Semplicemente, vado in overreaching.

Posso, però, reggere una seduta di squat e una di stacco a volumi molto elevati.

E' una questione di conoscersi. Però ci vuole tempo.
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