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Pure Strength Weightlifting, Powerlifting e tutto ciò che riguarda la pura forza.
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Psycho Lifter
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![]() Gli infermieri della Neuro che ogni giorno mi portano al parco per la mia oretta d’aria mi hanno fatto notare che nel folle trittico di articoli sono stato molto scarso di esempi, perciò al prossimo simposio su disturbi della personalità il direttore non ha sufficienti lucidi (anzi, slide o slides o slaid) da proiettare. Vediamo di accontentarlo, anche se è difficile scrivere con le mani dietro la schiena: questa maglia di contenzione è più dura della mia Fury F6 da panca… La teoria è indispensabile per comprendere il "perchè" delle cose, perchè funzionano, perchè non funzionano in altra maniera. Allo stesso tempo, la pratica fornisce l’esperienza, la componente empirica della conoscenza. La teoria ci dice quali sono le configurazioni ottimali delle variabili in gioco, la pratica ci permette di selezionare, all’interno di questi intervalli estremamente vasti, quelli migliori per ognuno di noi. Nessuna teoria, infatti, potrà definire completamente tutte le individualità. Se anche fosse possibile, una teoria del genere sarebbe inutilizzabile perchè troppo complessa. Una teoria ben fatta deve riuscire però a dare delle regole di applicazione pratica, per avere una guida in quello che facciamo. Nel caso della palestra, queste "regole" si materializzano in una "scheda" o in uno "schema". Butterò giù un po’ di schemi che a mio avviso funzionano, sulla base della teoria che ho esposto. Questi schemi sono indipendenti fra se, non è che dovete farli tutti insieme! In più, dovete vederli come delle idee: non vi focalizzate sui particolari, ma cercate di capire la logica che c’è dietro. In questo modo, lo schema diventa "vostro" e potrete manipolarlo come volete. Staley chiama queste cose "tools", strumenti: è come se voi aveste una scatola per gli attrezzi da cui tirate fuori l’aggeggio che vi serve per risolvere un problema. Un attrezzo è di per se neutro, è come lo usate che fa la differenza. Se usate il martello pneumatico per avvitare gli sportelli del mobile della cucina, non potete poi dire che il martello pneumatico non funziona… Usare bene uno strumento comporta molta pratica. Non troverete in nessun manuale la coppia di serraggio dei bulloni del vostro power rack, ma a furia di avvitare dadi riuscirete a capire quanto avrete stretto "troppo" o "giusto". Analogamente, la pratica in uno schema di allenamento vi permette di capire quando il carico è "troppo" per fare un’altra ripetizione o è "giusto". Saprete se eseguire un 5×2 o se vi dovete fermare ad un 4×2. La vostra esperienza, cioè, passa per l’utilizzo di molti schemi con coscienza di quello che si fa. Questo vi darà il feeling con quello che fate. Non speriate di ottenere questo risultato in un mese, in sei mesi… E’ un percorso decennale se non che dura tutta la vita. La teoria vi permette di scremare gli approcci sbagliati, la pratica di affinare quelli giusti, di spremere gli schemi giusti fino a stillare l’ultima goccia di miglioramento. Questo approccio secondo me è il più performante: potete scegliere gli schemi che vi propongo io, o altri diametralmente opposti. Però dovete provarli per un po’, tirarli per un po’, portarli al limite. Dovete sperimentare. Anzi, dovete essere contenti di farlo, di sbagliare, di capire dove si sbaglia e perchè. Evitate come la peste l’approccio tipico di chi vuole trovare lo schema perfetto, la scheda perfetta. Anche se esistesse (e non esiste), durerebbe per il tempo necessario ad adattarsi. Vi piace l’HST? Fatelo. Vi piace il BIIO? Fatelo. Vi piace l’EDT? Fatelo. Vi piace XYZcos(t)? Fatelo. Però, p(beep)a Eva, fateli per bene, dedicategli il tempo che ci vuole per avere dei frutti (o per capire che non funzionano per voi). Non fate un mese di questo, 1 nell’altro e così via. Io dico che uno schema va provato almeno 3 volte per capirci qualcosa, e più è complesso, più tempo ci vorrà. Gli schemettini che propongo possono essere classificati come "intermedi-avanzati". Dovete avere confidenza con i carichi medio-alti e con i vostri massimali. Se non ce l’avete, inutile che li proviate. Avete altre soluzioni. Facciamo degli esempi: Se voi vi state allenando 1 volta a settimana, inutile che utilizziate un protocollo ad onda in doppia progressione bla bla bla. Passate a 2 volte a settimana. Questa variazione vi farà migliorare. Se voi eseguite gli esercizi in maniera raccapricciante, fate ciò che state facendo ma imparate a farlo bene. Ad esempio: se il vostro squat è sopra il parallelo, allenatevi per andare sotto. Se fate i mezzi stacchi, imparate a fare lo stacco completo. Se fate la panca e vi fermate a 5cm dal petto, arrivate in fondo. Se letteralmente non state facendo esercizi reputati "basilari" a torto o a ragione, inseriteli. E così via. Inutile fare le cose scientifiche: queste variazioni sono sufficienti per migliorare. Se siete quelli del 10-8-6-4 fatto per mesi e mesi, inutile che passiate ad un 10×1 con gli elastici. Passate ad un piramidale inverso 4-6-8 e godetevelo. Se siete quelli dello stripping, delle burns, del metodo 21, delle X-Reps Double Loading, guardatevi allo specchio e se vedete un secco finito, buttate via questa roba e passate ad un programma standard panca-squat-stacco. Migliorerete senza tanto puzzo di periodizzazione. Insomma, c’è un tempo per tutto. Questi schemi presuppongono un minimo di confidenza con lavori a buffer, a fatica cumulativa. Se siete quelli del "tirare alla morte ogni serie", ci tirerete fuori ben poco. Per mantenere un minimo di filo logico con il mio pensiero, consiglio queste cose a chi ha fatto almeno una volta il famoso quanto famigerato "ciclo russo" e almeno due volte "la scheda definitiva". Vi prego di credere che non è pubblicità a cose che ho scritto io, ma perchè lì ci sono altre considerazioni che fanno parte di quello che io penso. Se voi avete fatto con un minimo di soddisfazione queste cose, avrete la capacità di gestire questi schemi. Voglio enfatizzare l’attenzione sulla tecnica di esecuzione: questa si impara con la volontà di volerlo fare e perdendo molto tempo. Non c’è schema che tenga se eseguite male. E potete essere sicuri di eseguire bene se vi riprendete e vi riguardate (meglio: se vi fate rivedere da qualcuno che ci capisce o se questo tizio che ci capisce è lì con voi). Nessuno schema perfetto potrà mai compensare una vostra carenza esecutiva. Perderete Kg su Kg, o, peggio, vi farete male. Chiaramente nessuno di voi dirà “me ne sbatto, ho una tecnica orribile ma voglio caricare abbestia”. Chi è così folle? Però quando sento “non scendo sotto il parallelo perché non ho flessibilità” o “mi fa male la schiena perché ho gli erettori spinali deboli”, bene, per la mia personalissima esperienza, vissuta su me stesso, posso dire che al 90% si tratta di una scarsa tecnica esecutiva. Lo scopo di questi schemi è di fornire dei “tools” per evitare lo stallo: la mia idea, che chiaramente cerco di mettere in pratica su me stesso, è di tirare un ciclo, incrementare, migliorare, imparare qualcosa, poi prima di stallare di brutto cambiare. Questi schemi applicano gli aspetti variazionali descritti nei papiri precedenti. Infine, un consiglio di carattere motivante-psicologico: questi schemi non hanno la pretesa di essere perfetti. Funzioneranno se voi sarete critici, attenti, ma anche se avrete veramente voglia di provarli e di mettervi in gioco. Se pensate che non possono funzionare, non provateli. Non è una gara fra me e voi a chi è più bravo a fare tabelline. Io non voglio convincere nessuno perché parto dal presupposto che tutti siano in grado di giudicare. Chi non lo è, di certo non posso convincerlo io. Se pensate che siano sbagliati, parliamone ma, appunto, non provateli. Se volete provarli, dovete avere entusiasmo e grinta per superare i 1000 piccoli e grandi problemi in cui tutti noi ci imbattiamo quando affrontiamo una nuova sfida. 10×1 Poichè faccio tanto puzzo con questo 10×1, una spiegazione più di dettaglio è doverosa… facciamo un esempio su 4 settimane: 1° settimana: 3×1 – 4×1 – 3×1 rec 1’ 2° settimana: 3×1 – 3×1 – 2×1 rec 1’ 3° settimana: 2×1 – 4×1 – 2×1 rec 1’30” 4° settimana: 2×1 – 3×1 – 1×1 rec 1’30” sono gruppi di singole a carico costante. Nel primo allenamento fate 10 singole. Dovete scegliere per i due gruppi 3×1 un carico con cui fate al massimo 6 ripetizioni di fila. Nel gruppo centrale 4×1 dovete incrementare il carico. Negli allenamenti successivi il primo gruppo di singole è preparatorio, perciò il carico è sempre lo stesso in tutti gli allenamenti, mentre il gruppo centrale deve sempre salire. Nel gruppo di singole finale, l’ideale è attestarsi su un carico intermedio fra i primi due gruppi. Mi raccomando: come sempre, se, che so… la 3° settimana al 4×1 siete in forma, fate 6×1. Questa roba funziona molto bene nello stacco, dove a mio avviso è "ganzissimo e toghissimo", perchè si usano grossi pesi ma non c’è lo stress del rimanere schiacciati. Il recupero permette di evitare problemi di presa che si apre, perché i flessori della mano hanno tempo di recuperare. Potete poi concentrarvi sull’esecuzione della singola ripetizione senza lo stress di finire la serie tirata alla morte. Avete mai notato come la ripetizione più difficile di una serie sia sempre la prima? Certo, alla fine c’è la stanchezza, ma la prima ripetizione è quella che crea più… ansia. Questo perché nella prima ripetizione dovete prendere l’assetto (che so… staccare il bilanciere dagli appoggi o mettervelo davanti alla faccia), non avete la componente di riflesso miotatico (non c’è la parte eccentrica del movimento della ripetizione precedente), e il vostro SNC ha già “saggiato” il peso. Uno schema a singole ha perciò un grosso impatto sul vostro SNC, perché state eseguendo 10 “prime ripetizioni”. Per questo alla fine sarete oltre che stanchi anche storditi! Va da se che uno schema del genere nello squat è molto stressante proprio perché dovete staccare e riappoggiare 10 volte il bilanciere. Se non ci credete, provate. Per lo squat consiglio uno schema differente, come sotto riportato. Un 10×1 funziona bene per la panca, il lento avanti, le trazioni zavorrate. Però, non fissiamoci con questo “10”… “10” è un numero. Capito come funziona uno schema a singole, un 8×1 è ok lo stesso. Aggiungo: capito come strutturare la progressione, è facile creare varianti su varianti. Che so… 1° settimana: 8×1 2° settimana: 9×1 3° settimana: 10×1 Un’altra variante è mantenere il carico costante e scalare il recupero di 5” a volta, in modo da dimezzarlo in 4 sedute. Ciò porta ad un simil rest-pause che nulla ha da invidiare alla tecnica base. Chiaramente dovete settare i carichi corretti altrimenti sbroccate al 2° allenamento. Non sto a dire che uno schema a tempo deve essere eseguito con precisione cronometrica, altrimenti non ha senso. Se “10” è un numero qualunque, uno schema 5×2 non dovrebbe crearvi problemi dato che sono sempre 10 ripetizioni. 1° settimana: 2×2 – 1×2 – 2×2 rec 1’30” 2° settimana: 1×2 – 2×2 – 2×1 rec 1’30” 3° settimana: 1×2 – 3×2 – 1×2 rec 2’ 4° settimana: 1×2 – 3×2 – 1×2 rec 2’ Chiaramente dovete cercare di incrementare il carico ogni volta, secondo la filosofia dei “gruppi di doppie”, come nel caso precedente dei “gruppi di singole”. Uno schema in 5×2 può essere molto pesante: la candida 2° ripetizione apparentemente innocua può rivelarsi devastante. Infatti il recupero è più alto. Questo funziona bene ad esempio nello squat, dove la seconda ripetizione viene meglio della prima e c’è meno stress per dover staccare il bilanciere. Notate che sia il 10×1 che il 5×2 non vi portano via molto tempo, ma sempre meno di 15’ di lavoro. L’idea è di fare un discreto volume di lavoro ma di qualità, cioè con carichi impegnativi fatti però senza lo stress tipico delle schede di forza con recuperi elevati che vi portano a spallarvi. Schemi a singole a mio avviso non funzionano bene per muscoli “piccoli” o con i manubri. Fare il curl per i bicipiti in questo modo non è alla fine piacevole. Provate, vi accorgerete che uno schema in 5×2 è meglio. Perché? Perché questa è l’esperienza. Da qui in un processo induttivo si dovrebbe capire perché un 10×1 per i bicipiti non è ottimale, ma semplicemente, non ho voglia. Idem, con i manubri un 10×1 non è divertente (e qui la spiegazione è facile) perché i carichi salgono e alla fine la difficoltà più grossa è posizionarsi, perciò è meglio mettere un po’ di meno e fare più ripetizioni, senza perdere tempo per mettersi in assetto. Avete a disposizione due “tools”, il 10×1 e il 5×2. Già così una variante è presto fatta: 1° settimana: 2×2 – 1×2 – 2×2 rec 1’30” 2° settimana: 1×2 – 2×2 – 2×1 rec 2’ 3° settimana: 2×1 – 4×1 – 2×1 rec 1’30” 4° settimana: 2×1 – 3×1 – 1×1 rec 1’30” L’importante è avere chiaro quello che cercate. Se siete un minimo pratici di cicli a %, se avete un’idea dei vostri carichi, riuscirete a settare i pesi correttamente per questi schemi. Poi, come sempre, gli aggiustamenti in corso d’opera sono fondamentali. Gli elastici Una variante da provare per quelli che adorano le soluzioni low tech stile Mac Gyver è lo stacco con gli elastici. Sono fissato con lo stacco perchè è l’unico esercizio in cui, ripeto, non ci si può cappottare con il bilanciere. L’elastico rende difficile il movimento da un certo punto in poi. E’ un modo di sovraccaricare una parte di movimento, come se faceste un movimento parziale ma facendo il movimento completo. Per l’economicità e semplicità di utilizzo ritengo gli elastici un’idea tanto semplice quanto efficace. Lo stacco con gli elastici è un buon modo di imparare la tecnica dello stacco: l’elastico in chiusura richiede che voi siate nell’assetto corretto, altrimenti non riuscirete a gestire il sovraccarico. Provate, se siete interessati, e vedrete come l’alzata sia ben più difficile. Dovete avere una trazione pari a circa il 10% del vostro massimale. A spanne, per chi ha sopra i 200Kg circa 20Kg, chi ha sotto, circa 15Kg. Uno schema interessante è: 1° settimana: 6×2 rec 1′ - carico 50% del massimale, elastici 2° settimana: 6×2 rec 1′30" - carico 55% del massimale, elastici 3° settimana: 10×1 rec 1′30" via gli elastici, caricare di più In questo schema cerco di mantenere un volume leggermente più elevato nelle doppie per poi scalarlo nelle singole, in modo da avere un incremento di carico. Chiaro che gli elastici si possono provare in altri esercizi, ma in questo caso si deve fortemente volerlo… nello stacco non dovrete perdere di certo tanto tempo. Questo è un accenno all’uso degli elastici, chi volesse provare può contattarmi direttamente. Però… un pensierino fatelo. Perchè sono una variante interessante. Un po’ di dritte: comprate un paio di elastici da portabagagli, io li trovo a 1 euro l’uno per quelli da 2 metri, perciò non dite che vi faccio spendere. Avvolgete un elastico al bilanciere per circa 6 giri e chiudetelo, poi tiratelo in modo da avere un anello dove infilare un piede. Ripetete con l’altro elastico. Fate finta di essere ad una puntata di Art Attack, quello dove si usa la colla vinilica (mi fanno impazzire "la colla vinilica" e i pennarelli coperti per non far vedere la marca). Siete pronti per provare. Per tarare gli elastici, fate passare i due anelli per i piedi sotto una bilancia, andateci sopra e tirate. Nella pratica, lo spessore maggiore vi dà un incremento di trazione di circa 5Kg. Regolatevi di conseguenza e non fissatevi se la trazione è 21.5Kg invece che 20Kg, basta che sia costante. Piramidale inverso reloaded Questa tecnica è una modifica a basse ripetizioni del classico piramidale inverso, anche se di fatto io mi allenavo così già 10 anni fa. 1° settimana: 2×4 + 2×6 + 1×8 rec 1’30” 2° settimana: 3×3 + 1×6 + 1×8 rec 2’ 3° settimana: 4×2 + 1×4 + 1×6 rec 2’ 4° settimana: 3×1 + 2×3 + 1×6 rec 2’ E’ una versione del piramidale inverso che a mio avviso può piacere a chi è più restio ad un drastico cambiamento dei propri schemi. C’è infatti una parte a basse ripetizioni per allenare il SN ma si finisce con ripetizioni più alte. In ogni gruppo di serie i carichi sono costanti, ma di gruppo in gruppo i carichi si scalano. Ogni allenamento si devono mettere più Kg del precedente. In pratica si tira ogni gruppo di serie alla morte, ma non ogni serie. Si finisce con sensazioni più vicine a quelle che normalmente si provano con allenamenti a cedimento, ma le complessive basse ripetizioni permettono di sviluppare più Kg sul bilanciere Notate il volume complessivo di ripetizioni: 22, 23, 20, 16, cioè le ripetizioni diminuiscono in maniera “dolce” Uno schema del genere può dare molte soddisfazioni perché si riesce a sollevare parecchio ma nel contempo si arriva ad un numero di ripetizioni per serie che ricade nel classico range ipertrofico. Anche in questo caso, comprese la logica è facile, che so, diminuire il numero di serie a basse rip per creare uno schema più corto o incrementare le ripetizioni o quant’altro Consiglio caldamente uno schema del genere, per prendere confidenza con carichi elevati, a chi vuole mantenere continuità con il passato. Attualmente io uso schemi simili per i complementari dove cerco di utilizzare dei buoni carichi ma alla fine mi “sbraco” del tutto e pompo come un disperato (non sono molto tecnico ma… avete capito). Non c’è nessun motivo per cui uno schema piramidale inverso debba essere eseguito per forza in 4-6-8 se non la normale prassi del “si è sempre fatto così…” Schemi ad onda Per una trattazione completa delle onde di carico vi consiglio di leggervi su t-nation “the wave loading manifesto” di Ian King, un articolo molto ben fatto sia per quello che tecnicamente c’è scritto, sia per lo spirito con cui si dovrebbero affrontare le cose. Sinteticamente, uno schema ad onde classico funziona così: 1×3 – 1×2 – 1×1 - 1×3 – 1×2 – 1×1 Ogni serie si incrementa il carico. La differenza fa la tripla e la singola è di circa il 10% del carico. Facciamo un esempio con due numeri: 1×3x100Kg – 1×2x105Kg – 1×1x110Kg A questo punto si torna indietro, ma si riparte da dei Kg più elevati: 1×3x102.5Kg – 1×2x107Kg – 1×1x112.5Kg Si sfrutta cioè la facilitazione neurale data dal fatto che tornando indietro il carico è comunque più basso dell’ultima singola e si “sente” più leggero. In più, in salita, ogni serie “attiva” la successiva nel senso che il SNC si adatta al carico e l’incremento risulta fattibile. Chiaro che all’incremento di carico ci deve essere uno scarico del volume, altrimenti la fatica vanifica il tutto. Ci sono altre varianti, tipo quella definita più “ipertrofica” quale 7-5-3-7-5-3 oppure questa qui 1-6-1-6-1-6. Questi protocolli sono derivati dalla pesistica olimpica, e sono perciò tutti “a buffer”, cioè non ad esaurimento. Non sto ad entrare nel merito, ma se voi fate un esercizio complicato come lo strappo, il cedimento deve essere evitato altrimenti alla fine il peso non sale più, ma se non sale più, potete anche andare a casa. I protocolli ad onda, personalmente, non mi piacciono (mi raccomando: non ho detto che fanno cagare, solo che a me non piacciono, tutto qui). Il volume è bassissimo e rapidamente si inizia a caricare molto. Sono un ottimo modo per entrare in forma, per avere un picco di prestazione, ma mi stressano troppo. Farle poi alla morte è pura follia, perché bruciate il ciclo al primo allenamento: state facendo delle singole massimali… Una variante che però mi piace è questa qui, che a mio avviso funziona molto bene nello squat o in esercizi dove potete utilizzare molta massa muscolare: sceglietevi un carico che vi permetta 6-8 ripetizioni (oppure un carico del 75% del massimale) ed eseguite così, un minuto di recupero fra le serie: 1×3 con un carico inferiore (quanto inferiore? Quanto basta, l’arte è qui – diciamo 5Kg meno) 1×3 con il carico 6-8RM 1×1 con un carico superiore (diciamo 5Kg in più) Riposare 1’30” Ripetere il tutto altre 2 volte E’ uno schema ad onde più “corposo” nel volume, ma sono solo 21 ripetizioni se lo eseguite 3 volte. Ed è breve. C’è l’esaurimento muscolare per fatica cumulativa, c’è un volume di lavoro ad un carico impegnativo, c’è l’utilizzo di carichi “elevati” nella singola, ma che essendo una singola ad un peso non troppo distante dalla tripla, vi permette anche di recuperare. Riuscirete cioè a gestire un carico più elevato all’interno di un protocollo a fatica cumulativa. Il carico è invariato in tutti i “giri”. Potete provare uno schema del genere facendo 2 giri la prima settimana e 3 la seconda. Se vi piace, le variazioni sul tema sono il condimento di questo piatto, e gli cambiano sapore: potete fare ad esempio un 2×3 – 1×1, cioè le due triple a carico fisso e poi la singola potete fare 1×3 – 1×2 – 1×1 dove nelle prime due serie mantenete un carico costante ma più elevato del 75% Potete fare 2×3 – 2×1 Dategli insomma un po’ di volume a queste onde! Il concetto è sempre lo stesso: un protocollo di forza può diventare un protocollo ipertrofico non solo alzando le ripetizioni ma anche diminuendo il recupero o incrementando le serie. L’ipertrofia deriva dall’esaurimento muscolare. Per ottenere l’esaurimento le strategie sono molteplici. Panca Westside Ho inserito la parola "Westside" per puro marketing… C’è chi lo ama, chi lo odia. Però se ne parla, fa figo, è in. Per catturare più attenzione avrei potuto scrivere Sex Bench Press. A parte scherzi, ritengo il Westside un sistema di allenamento innovativo e molto creativo, ma dovrei dedicargli molto più tempo. Viene data enfasi ad un modo intelligente per evitare lo stallo, tramite la rotazione degli esercizi. Io sono stato pesantemente influenzato da questo metodo e per me certi aspetti mi hanno lasciato letteralmente a bocca aperta. Per ora, fidatevi e continuate a leggere. La panca è un esercizio che coinvolge molta meno massa muscolare rispetto a squat e stacco, perciò può essere allenata nella settimana con una frequenza più alta rispetto a questa. Lasciamo stare le sedute a multifrequenza, siamo persone normali. Ma due volte a settimana è sicuramente possibile. E poichè la panca coinvolge quasi tutti i muscoli della parte superiore, faremo più lavoro per una maggiore ipertrofia della parte superiore. L’idea è questa: facciamo due sedute di panca, ma in una inseriamo un esercizio "speciale" che permetta di caricare più del solito. L’esercizio speciale è l’elemento di variazione che impedisce l’adattamento. Scegliamo la board press: costruitevi un "mattone" di legno alto 10cm, largo 15cm, lungo 30cm. Poi costruitene un altro alto 5cm. Legatevi con un paio di elastici la tavoletta al petto e fateci la panca (meglio se con il fermo al petto). La board press è un modo intelligente di fare dei movimenti parziali. A differenza dalla panca con fermo sulle barre di sicurezza del rack, l’appoggio centrale e stretto evita che eventuali piccole dissimmetrie creino delle situazioni di appoggio asimmetrico pericoloso, in più voi guardate al centro del bilanciere e avete idea di quando sta per toccare la tavoletta a differenza delle barre che non vedete. Per finire, l’esercizio è più “instabile” in quanto dovete bilanciare il tutto, cosa che non succede se appoggiate sulle barre A differenza di chi esegue un parziale fermandosi ad una certa altezza, qui l’altezza è veramente certa. In più, il fermo al petto introduce una notevole difficoltà. Avete capito (anzi, vi ho fatto due vere palle) su come strutturare una seduta in 5×2, perciò l’idea è questa: 1° settimana: board press 10cm: 5×2 rec 2’ – utilizzare un carico dal 100% al 105% del massimale 2° settimana: board press 10cm: 5×1 rec 1’30” – utilizzare un carico dal 105% al 110% del massimale 3° settimana: board press 6cm: 5×2 rec 2’ – utilizzare un carico dal 95% al 100% del massimale 4° settimana: board press 6cm: 5×1 rec 1’30” – utilizzare un carico del 100% del massimale. Mi raccomando: qui ci si fa molto male se si esegue “alla alè alè” come dice un mio amico, perciò servono una serie di accortezze: un must è avere un assistente (meglio) o eseguire in un rack. Non state scherzando, ma state lavorando con carichi sovramassimali. La seconda regola è che ho indicato dei valori puramente di riferimento. E’ chiaro che se la corsa del bilanciere è inferiore, il carico è più alto. Questo serve per condizionarvi al carico elevato, a maneggiare, staccare, gestire, sentire un carico elevato. Scalate del 5% se non siete sicuri, utilizzerete comunque più carico del solito, come sempre con un recupero dosato in modo da sviluppare in un tempo ragionevole un buon volume di lavoro. Immediatamente a ruota inserite un 1×2 di panca se è il giorno del 5×2, un 2×1 se è il giorno del 5×1. Scegliete voi il carico. Lo schema proposto è veramente impegnativo: non prendetelo sottogamba. La variazione dell’esercizio evita lo stallo. L’elemento “westside” non è tanto la board press in se, ma il fatto di tirare un esercizio e poi cambiarlo. Questo vi porta ad un utilizzo prolungato di carichi elevati, prima che si faccia sentire la fatica sistemica. Se invece faceste la board da 10cm per 4 settimane, alla 4° sareste del tutto esplosi di testa, e vi ritroverete in pieno stallo come quando dovete fare i massimali per forza. Una variante è la seguente, meno difficile: 1° settimana: board press 10cm: 5×2 rec 2’ – utilizzare un carico del 95%del massimale 2° settimana: board press 10cm: 5×2 rec 2’ – utilizzare un carico dal 100% al 105% del massimale 3° settimana: board press 10cm 5×1 rec 1’30” – utilizzare un carico dal 105% al 110% del massimale Il ciclo viene allungato e reso più soft (sempre carichi indicativi, please) Un’altra variante è semplicemente fare le due settimane di board da 6cm e poi le due da 10cm, che, per chi è nuovo di queste cose può rappresentare la strategia ottimale. Nella seconda seduta, esercizio del tutto diverso come la panca stretta in uno schema a piacere. Gli schemi proposti sono coerenti con quanto espresso nella precedente trattazione. Notate quanto c’è da scrivere (e da leggere) per ogni singola combinazione. Questo è dovuto, appunto, all’esperienza. E’ l’esperienza che rende “vivo” un programma di allenamento, con le 1000 finezze e le 3000 soluzioni ai problemi pratici di quando si “fanno le cose”. Comprendete anche quanto questo articolo può essere imperfetto… come si fa a scrivere tutto quello che serve? E se mi ammalo? E se mi sento di spaccare tutto e a metà mi sciolgo come la cioccolata al sole? E se… Provate con coscienza, state attenti, non sottovalutate niente e… ragionate. |
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Tags: dellallenamento, legge, universale |
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